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Detrazioni fiscali e credito d’imposta: cosa accade se la fattura non riporta il riferimento normativo?

Una fattura senza l’inserimento della norma di riferimento per il credito di imposta è ritenuta valida per ottenere il beneficio fiscale? Una fattura senza l’inserimento della norma di riferimento per il credito di imposta è ritenuta valida per ottenere il beneficio fiscale?

È un’interessante domanda a cui ha provveduto a rispondere l’Agenzia delle Entrate con due diverse risposte: la n. 438 e la n. 439 del 5 ottobre 2020 in riferimento al quesito di un contribuente, titolare di partita Iva, che ha acquistato dei beni strumentali nuovi per la sua attività a cui ha provveduto al pagamento successivamente alla fattura di acconto e a quella di saldo che, però, non recavano la norma di riferimento per ottenere l’agevolazione e quindi il credito di imposta. Per il contribuente, nella norma non è ben specificato che l’assenza dell’indicazione in fattura sia conseguenza della decadenza del beneficio.

La circolare dell’Agenzia delle Entrate e la sentenza della Cassazione. Qualche tempo fa era stata la stessa Agenzia delle Entrate a tentare di fare chiarezza con un’apposita circolare spiegando che “su ogni fattura di acquisto riguardante beni ovvero servizi per i quali è applicata l’agevolazione del credito di imposta, deve essere apposta, a pena di revoca dell’agevolazione, con scrittura indelebile, anche mediante apposito timbro, la dicitura “Bene acquistato con il credito di imposta di cui all’art. 8 della L. 388/2000″(…)”.

La Cassazione, però, aveva affermato che “le circolari ministeriali non costituiscono fonte di diritto e, pertanto, non possono imporre al contribuente adempimenti non espressamente previsti dalla legge e men che meno istituire cause di revoca dell’agevolazione fiscale non contenute in una norma di legge”, dichiarando quindi illegittimo il recupero di un credito di imposta in ragione dell’assenza della dicitura nella fattura di acquisto del bene.

Cosa fare, allora?
Una fattura che non possiede il riferimento all’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, numero 160, scrive l’Agenzia, “non è considerata documentazione idonea e determina, quindi, in sede di controllo, è prevista la revoca della quota corrispondente di agevolazione”. In caso di emissione di fatture cartacee, il riferimento va riportato dall’impresa acquirente sull’originale di ogni fattura, sia di acconto che di saldo, anche con un apposito timbro. In caso di fattura elettronica, si può stampare il documento fiscale e procedere come sopra, oppure realizzare un’integrazione elettronica da unire all’originale e conservare. Dice ancora l’Agenzia: “In una fattura elettronica veicolata tramite SdI, a fronte dell’immodificabilità della stessa, il cessionario/committente può – senza procedere alla sua materializzazione analogica e dopo aver predisposto un altro documento da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della fattura stessa – inviare tale documento allo SdI, così da ridurre gli oneri di consultazione e conservazione”. La regolarizzazione dei documenti già emessi va fatta dall’impresa beneficiaria del credito di imposta.

Fonte Lavoripubblici.it

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