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Truffa del gasolio, a rischio i contratti per l’ecobonus 110% sottoscritti con un’azienda in odore di mafia.

Indagine della Guardia di finanza e dei Monopoli su un presunto traffico di carburante, ma adesso spuntano anche i lavori con il bonus statale e l’interdittiva antimafia delle aziende.

Dodici indagati, con cinque persone agli arresti domiciliari, e sette società sotto sequestro per una maxi truffa che riguarda l’importazione del carburante, ma non solo. Due società sottoposte a sequestro, in quanto collegate a soggetti inseriti nelle liste dell’antimafia, operano anche nel settore dell’energia e si sono accaparrate diversi contratti per il miglioramento energetico con l’ecobonus 110%. E diversi condomini che hanno sottoscritto tali contratti rischiano, perché lo Stato non può rimborsare aziende e soggetti su cui pende l’interdittiva antimafia.

Il rischio per chi ha sottoscritto contratti con le aziende implicate è duplice: non veder partire i lavori oppure dover sostenere tutte le spese, dicendo addio all’ecobonus. E non sono pochi i condomini che hanno avviato le pratiche con le aziende e i soggetti interessati dall’indagine.

I finanzieri del Gruppo d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata del Nucleo di Polizia Economico – Finanziaria e personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Perugia, su delega di questa Procura, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali nei confronti dei componenti di un sodalizio operante nel settore della commercializzazione dei carburanti per autotrazione, mediante una serie di società dislocate sull’intero territorio nazionale, nei cui confronti sono emersi indizi di colpevolezza per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, mediante l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, e trasferimento fraudolento di valori.

Lo sviluppo delle indagini, condotte attraverso intercettazioni telefoniche, interrogazione di banche dati, acquisizione ed esame di documentazione amministrativa, contabile e bancaria, ha consentito di individuare un sistema di evasione dell’Iva incentrato su due depositi petroliferi nella provincia di Perugia.

Tra i dodici indagati la figura di un imprenditore umbro, Ubaldo Notari, titolare di uno dei due depositi sequestrati (quello di Magione) mentre l’altro di Città di Castello, secondo quanto emerso, è riconducibile a Pasquale Capano, calabrese sottoposto a sorveglianza speciale perché ritenuto “contiguo” al clan ‘ndranghetista Muto di Cetraro.

Il prodotto petrolifero dalla Croazia veniva portato in un deposito costiero veneto e poi alle società perugine, autorizzate ad operare come “destinatari registrati”, qualifica che consente di ricevere il prodotto in sospensione delle accise e dell’imposta sul valore aggiunto e di effettuare cessioni, senza applicazione dell’Iva, ma solo ad operatori commerciali in possesso di requisiti di affidabilità e dietro presentazione di polizze fideiussorie a garanzia del pagamento dell’imposta.

Presso i depositi delle società umbre, il carburante veniva “nazionalizzato”, assoggettato, cioè, ad accisa e, contestualmente, ceduto ad una serie di società “cartiere”, senza addebito dell’Iva, pur se le stesse erano evidentemente prive dei prescritti requisisti di affidabilità e a fronte di polizze fideiussorie false.

Scavando negli affari dei soggetti coinvolti, però, è spuntato fuori anche il settore dell’edilizia e diversi contratti di ristrutturazioni usufruendo dell’ecobonus.

Fonte perugiatoday.it

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