Non si guadagna (ancora) con le colonnine di ricarica, parola del colosso del petrolio BP. Dai distributori alle stazioni per auto elettriche, salto non facile…
Non si guadagna, ma le auto elettriche aumentano…
Non è facile spulciare il conto economico delle aziende che gestiscono reti di ricarica. Molte, anche in Italia, sono in fase di start-up e questo all’inizio richiede investimenti e costi superiori alle entrate immediate. Un indizio su come vanno le cose l’ha dato il direttore dell’elettrificazione del gruppo British Petroleum, Christian Girardeu, che ha parlato a San Francisco nel vertice BNEF: “Non direi che stiamo arrivando al profitto con tutte le nostre stazioni“, ha detto in una dichiarazione riportata da Bloomberg.
Aggiungendo però che un’attività già profittevole è la vendita di energia attraverso le partnership già avviate con aziende che a loro volta gestiscono reti di ricarica con marchio proprio. “Qui siamo più sul nero che sul rosso“, sono state le sue parole. E comunque BP si aspetta che il servizio di ricarica diventi redditizio con l’aumento progressivo del tasso di occupazione, legato alla crescente diffusione dell’auto elettrica.
Tutti i big del petrolio si stanno dando da fare
Finora BP ha installato circa 10 mila caricatori, ma ha l’obiettivo di arrivare a 70 mila entro il 2030, puntando su Europa e Cina. Nel 2018 ha acquisito Chargemaster, all’epoca la più capillare rete di ricarica del Regno Unito, e opera in Cina attraverso una joint venture con Didi Chuxing. Ma un po’ tutti i big del petrolio stanno investendo nelle reti di ricarica, una mossa che le associazioni ambientaliste vivono ancora con sospetto. Temendo che si tratti di mosse di facciata, solo per ripulirsi l’immagine. Il più attivo è Total, sotto la spinta del governo francese. Pochi giorni fa, poi, la Shell ha annunciato l’acquisto di Ubricity (qui il sito) , una rete fondata nel 2008, agli con una duplice mission. Ovvero fornire ricariche con energia pulita e in qualsiasi luogo sia possibile parcheggiare un’auto. A Londra, per esempio, utilizza i lampioni dell’illuminazione stradale come colonnine. In Italia l’Eni si muove più timidamente, attraverso partnership. L’ultima, da poco annunciata, con Be Charge