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Landi Renzo, sgancia la “bomba H” per il mercato automotive.

L’azienda italiana, tra i leader nella componentistica auto, rilancia la sua strategia per un futuro a tre punte: idrogeno, gpl e metano. Per farlo, si intensifica l’attività di M&A, si stringono accordi con nuovi partner come Mahindra. Il tutto con la certezza che il futuro prossimo è appannaggio del gas.
«Per la transizione all’idrogeno vogliamo essere protagonisti e siamo aperti a valutare operazioni di acquisizione o fusione con realtà interessanti». Lo afferma Cristiano Musi, ceo di Landi Renzo, società quotata in borsa di Cavriago (Reggio Emilia) attiva nella componentistica automotive che progetta e realizza impianti per veicoli alimentati a Gpl e a metano e che è a capo di un gruppo industriale operativo in 50 Paesi con 17 aziende controllate. Il 2020 è stato, per l’azienda, un anno di decrescita; ma, dopo un primo semestre in profondo rosso, l’azienda ha mostrato segni di vitalità e ripresa. I nomi delle possibili società-target di M&A sono coperti dal segreto. Non la ragione, però, della strategia di Landi Renzo: la filiera dell’idrogeno è lunghissima, e contempla decine di tecnologie diverse. Con adeguate aggregazioni si possono coprire più segmenti e fare importanti sinergie. Si può dar vita, cioè a delle realtà più competitive, in quella che si preannuncia come una sfida a livello globale.

Da parte sua, Landi Renzo si prepara a mettere sul mercato due tecnologie legate al più leggero elemento in natura: un nuovo compressore adatto alla complessa gestione di questo gas e utile sia nei distributori che per immetterlo nella pipeline; uno speciale regolatore di pressione, device fondamentale per il funzionamento dei propulsori e per l’alimentazione degli accumulatori a idrogeno. Non si pensi, però, che l’azienda componentista intenda abbandonare metano e Gpl. Le prospettive di questi due combustibili, secondo Musi, sono rosee: l’elettrico non è destinato ad affermarsi sulle lunghe distanze. Tutti questi passaggi strategici sono precisati e commentati da Musi, che abbiamo intervistato.

Strategia di acquisizioni e fusioni per affermarsi nell’idrogeno
La transizione energetica favorisce le aziende che dominano più tecnologie coinvolte nella filiera.
Il 2020 è stato senza dubbio un annus horribilis per i componentisti dell’automotive. «Nessuno di noi – ha affermato Musi – era preparato ad una simile traversia, che ci è piovuta addosso all’improvviso. È stato un periodo molto complesso, ma nel frattempo si sono aperte nuove opportunità». In effetti sia l’interruzione delle filiere che il calo della domanda, con queste dimensioni, erano fattori che il comparto non aveva mai sperimentato. Non c’è stato neppure il tempo per studiare adeguate contromisure. I business plan scritti nel 2019 erano diventati improvvisamente carta straccia. Ma, forse, come recita il detto, non tutto il male viene per nuocere. Infatti Musi ci tiene a sottolineare due circostanze: anzitutto, che il mercato sta ripartendo; e poi che anche le fasi più buie celano opportunità che vanno portate alla luce e sfruttate. Non c’è dubbio che la pandemia abbia messo in rilievo l’importanza della sostenibilità, e che quindi abbia intrinsecamente valorizzato la transizione energetica: potrebbe, secondo Musi, essere una spinta formidabile per l’industria. Ma si tratta di occasioni che non si colgono da soli: è impossibile, vista la complessità della materia. Da una parte bisogna conoscere le regole del gioco, che sono o nuove o incomplete; dall’altra si può contribuire solo in un piccolo segmento della filiera. L’esempio più evidente è appunto l’idrogeno: c’è una catena lunga, che va dalle pale eoliche o ai pannelli solari che producono l’energia per gli elettrolizzatori, sino al distributore per la mobility. Sono circa 90, le tecnologie innovative coinvolte. Nessuna azienda al mondo può impegnarsi nello sviluppo di tutto ciò. Perciò, una delle soluzioni è fare rete, e indirizzare gli investimenti verso attività che abbiano un ritorno, anche se non immediato. L’altra è “allargarsi”, occupare più segmenti in quanto azienda, per contare di più ed essere più competitivi. È la strategia di Landi Renzo.

Merger&Acquisition nel futuro di Landi Renzo
«Le leve della nostra crescita sono sempre state la ricerca dell’innovazione e della qualità del prodotto. Ora, però, occorre qualcosa di più: ci troviamo nel mezzo di una rivoluzione importante, che determinerà grandi cambiamenti per la maggior parte delle aziende» – ha affermato Musi. «È venuto il momento – ha continuato Musi – di valutare operazioni industriali che portino al conseguimento di valore, con grandi sinergie». Acquisizioni? Fusioni? «Entrambe le operazioni possono interessarci. Il nostro azionista di controllo e riferimento condivide questa visione». Ma non c’è il rischio di perdere il controllo? «Landi Renzo – ha chiarito Musi – non deve e non vuole giocare la parte della preda, anzi Landi Renzo è la piattaforma perfetta per porci come aggregatori di altre realtà, tutte focalizzate sugli stessi scopi».
Non solo metano e gpl: Landi Renzo verso l’idrogeno

Landi Renzo in India per il trattore a metano
Proprio alla fine di gennaio l’azienda ha siglato con Mahindra & Mahindra, il marchio di trattori più venduto al mondo (e parte del gruppo Mahindra, tra i principali produttori di motori del Subcontinente) un “memorandum of understanding”. Si tratta di realizzare un trattore dotato di motore a metano di ultima generazione. Del propulsore, si occuperà l’azienda indiana. Landi Renzo, invece, afferma Musi, «fornirà dispositivi per l’iniezione del carburante, e per la regolazione della pressione del metano». Il progetto pilota è già in corso ed entro il 2021 sarà pronto per le prove il primo prototipo. Gli indiani puntano molto su questo nuovo mezzo. «Va anche detto – ha continuato Musi – che il governo di Nuova Dehli sta fortemente incentivando la mobility a gas naturale; non solo per i mezzi agricoli, ma anche per le auto e per i veicoli pesanti: ha previsto la realizzazione di 10mila stazioni di rifornimento su tutto il territorio nazionale. Ci sono pertanto ottime prospettive di mercato».

Prospettive di metano e Gpl
Al di là dell’India e dei trattori, il metano e il gpl hanno, per Musi, ancora un futuro. Per quanto riguarda le auto, questi due combustibili hanno tenuto anche nel corso della crisi del Covid-19, facendo registrare addirittura un incremento negli impianti del 6% a livello globale. «D’altra parte – ha rilevato Musi – ci sono Paesi come la Russia, o come il Messico, o come gli Stati del Nord Africa, che sono produttori di gas naturale: perché non dovrebbero utilizzarlo per la trazione e per i trasporti? Inoltre non dimentichiamo che un mezzo a gas emette tra il 15 e il 25% di CO2 in meno rispetto ad un mezzo diesel o benzina, e oltre il 95% di emissioni di particolato in meno». In Europa, poi, l’elettrificazione riguarderà soprattutto i centri urbani. «Per le lunghe distanze e per le grandi periferie, l’auto a batteria non è adatta, soprattutto se non è servita da avanzate e capillari infrastrutture». Quanto ai camion e ai bus, «per loro attualmente metano e Gpl rappresentano l’unica soluzione in vista della decarbonizzazione. In Europa, Iveco e Fiat Power Train (ora Stellantis) si occupano di realizzare motori adatti a questi combustibili. Quanto all’aftermarket, la domanda è costante.
Del resto, afferma Musi, la questione dei costi è un forte incentivo: quelli del carburante sono molto competitivi, e quelli dell’impianto si ripagano in 18 mesi, considerato il chilometraggio del guidatore medio. Infine, si sta verificando un altro fenomeno degno di nota: l’auto ibrida (e cioè con due propulsori, uno a batterie e l’altro a benzina) convertita al metano: «Il fatto – ha affermato Musi – è che il l’apparato elettrico e gli accumulatori pesano, e quindi quando è attivo il motore termico consuma molto: il gas naturale consente di diminuire i costi».

Nel futuro, anche immediato, c’è l’idrogeno
Musi non ha usato mezzi termini: «L’idrogeno è senza dubbio la fonte energetica della mobilità del futuro: svolgerà un ruolo importante sin dal 2030». Pertanto, non resta che adattarsi alla nuova realtà. Del resto, l’azienda si sente pronta alla transizione: «Landi Renzo si trova anzi in una posizione privilegiata, come componentista e system integrator. Si occupa di gas sin dalla sua fondazione, oltre 60 anni fa. L’idrogeno ha caratteristiche diverse dal gas metano e per questo abbiamo sviluppato una nuova serie di componenti, in particolare nel campo dei dispositivi di regolazione dell’idrogeno e dell’iniezione, molti dei quali già validati da primari operatori della hydrogen mobility. Lo abbiamo fatto grazie alla capacità di ricerca, sviluppo ed innovazione delle nostra azienda: su 550 dipendenti del comparto automotive, 85 lavorano nell’R&D, che assorbe ogni anno tra il 5% e il 7% dei ricavi. Siamo focalizzati nella realizzazione di componenti e sistemi per l’idrogeno rivolti al Middle ed Heavy Duty, ma anche ai segmenti off-road, basta pensare che alcuni dei nostri sistemi di iniezione dovrebbero essere utilizzati sui treni ad idrogeno».

Strategia di Landi Renzo sull’idrogeno
Si diceva prima, delle prospettive di M&A. E si è appena accennato alla ricerca. Al di là di questo, la strategia di Landi Renzo sull’idrogeno è duplice. Anzitutto, intende contribuire alla realizzazione delle infrastrutture per l’utilizzo finale nella mobility. In questo campo, nel 2017 il gruppo ha acquistato il 51% del pacchetto azionario (e quindi ha la quota di controllo) di Safe&Cec, azienda con sede operativa a San Giovanni in Persiceto (Bologna): la società è specializzata nella produzione dei compressori per il biometano, che costituiscono un elemento importante per le stazioni di rifornimento. Si tratta di sviluppare nuovi dispositivi per sostituire il gas naturale con l’idrogeno; apparecchi utili anche per iniettare il gas nella pipeline.

A proposito di problematiche di gestione, va ricordato che l’idrogeno è meno stabile del metano: non ha bisogno di un innesco per reagire con l’ossigeno e dare luogo anche a fenomeni esplosivi. «Il primo gas – ha affermato Musi – è peraltro l’elemento più leggero in natura, pertanto bisogna evitare il rischio di leakage. Ma tutto questo è tecnicamente possibile: si devono però utilizzare dei materiali giusti, composti ed acciai differenti da quelli soliti e noi lo abbiamo già fatto. La ricerca serve a questo. D’altra parte esistono già compressori in grado di utilizzare un mix a larga prevalenza di metano (90%) con una minor percentuale di idrogeno (10%). Già si può passare a percentuali diverse: rispettivamente, 80% e 20%. Si arriverà presto ad impiegare il solo idrogeno».
In secondo luogo, Landi Renzo sta sviluppando una tecnologia destinata ad integrare il motore ad idrogeno: il regolatore di pressione. Questo gas, infatti, al momento del rifornimento viene compresso a 450 – 500 bar nel caso dei camion e altri mezzi pesanti, e a 900 bar in quello delle autovetture. Quasi si raggiungono i livelli della Fossa delle Marianne, dove si registrano i mille bar. La pressione, pertanto, va ridotta e controllata quando il gas viene iniettato nel motore, o nelle batterie Fuel Cell. È un’operazione delicata ma necessaria. Il regolatore sarà sperimentato sul campo. L’azienda, infatti, ha di recente stretto una partnership con Punch Torino, Avl Italia, Industria Italiana Autobus e Tper per dar vita a H2-Ice, alleanza tutta italiana che ha lo scopo di realizzare un motore termico ad idrogeno da installare nei bus. Preziose, per l’impresa, le competenze di Avl Italia, parte di Avl, società di ingegneria austriaca e al contempo un importante istituto di ricerca indipendente. È nel settore automotive dal 1948. Si occuperà di progettazione, di termodinamica e di simulazioni di flusso, acustiche e di concetto. Punch Torino, invece, è l’ex GM Global Propulsion Systems di General Motors ceduta di recente alla multinazionale belga dei sistemi di trasmissione Punch. Farà valere le sue competenze nei sistemi di iniezione. Una volta realizzato, l’innovativo propulsore sarà installato nei veicoli di trasporto pubblico da Industria Italiana Autobus, e testato da Tper.

Fonte industriaitaliana.it – Articolo di Marco de’Francesco

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