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Le petrolmafie passano dalla Svizzera.

Tra le carte della maxi-inchiesta di Catanzaro anche una azienda kazaka attiva nel nostro paese. Anche ditte ticinesi usate per eludere i controlli.

Mafie e petrolio, un nuovo business criminale che tocca anche la Svizzera. Una recente operazione italiana – di cui la RSI ha potuto consultare le carte -ha svelato ramificazioni nel nostro paese. Questo almeno quanto si legge tra le carte dalla maxi-inchiesta “Petrol Mafie SPA” (una costola dell’inchiesta Rinascita Scott). Un’inchiesta della procura di Catanzaro scattata il mese scorso e che ha coinvolto altre 3 procure italiane. Decine e decine gli arresti per reati che vanno dal riciclaggio alla associazione di stampo mafioso.

L’impero della benzina
I clan puntavano a costruire un vero e proprio impero internazionale del gasolio e della benzina. E un’azienda kazaca avrebbe dovuto giocare “un ruolo cruciale”, ha spiegato all’epoca degli arresti il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Per fare arrivare il greggio in Calabria l’azienda sarebbe dovuta passata dalla sua holding elvetica. Ma l’affare si inceppa prima di andare in porto. Forse anche perché un altro uomo, il collettore tra i broker milanesi e i Mancuso, era stato nel frattempo arrestato. E l’uomo secondo le carte dell’inchiesta “si spostava tra Milano e la Svizzera anche con l’uso di auto con targa elvetica”. E tra la galassia di imprese citate nell’inchiesta sbucano anche altre aziende alle nostre latitudini. Con vari ruoli diversi sono coinvolte anche due ditte in Ticino. Sfruttate per eludere i controlli del trasporto della merce.

Il documento della “Banca della Svizzera”
Una ramificazione internazionale, ma centrali sono sempre i soldi. Tra le carte si legge anche di una vicenda incredibile.  Un documento bancario di natura non precisata.  “Una carta” – spiega il faccendiere – “di una banca della Svizzera… dal valore di un miliardo di euro” sequestrato dalle forze dell’ordine. Rimane un mistero se questo documento davvero avesse un valore. Fatto sta che l’intento era quello di creare un sistema di scatole cinesi per riciclare il denaro in Svizzera. E che il nostro paese fosse nel mirino dei clan lo dice lo stesso uomo dei Mancuso: “Stiamo cercando altri contatti in Svizzera…non ci fermiamo qui”. A fermarli però sono state le forze dell’ordine.

Fonte usi.ch –  Articolo di Mattia Pacella

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