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Green deal Ue, benzinai dopo il 2035? Riconvertiti per veicoli elettrici

L’intervista di Affaritaliani.it a Ilaria Fontana, sottosegretario al ministero della transizione ecologica.

Cosa succederà ai distributori di benzina e annessi dipendenti dopo il 2035 quando, secondo il green deal europeo, le macchine a benzina e diesel smetteranno di circolare?
Dal 2035 le macchine con motore a combustione interna tradizionali non potranno più essere vendute, ma le restrizioni sulla circolazione sono sempre stati progressivi e immagino lo saranno anche in futuro, esattamente come è accaduto con le restrizioni del traffico per le auto a gasolio Euro 4 o antecedenti. C’è da considerare poi il settore delle auto ibride, che stanno conquistando col tempo fette di mercato sempre più grandi. Per queste ragioni ritengo che gli effetti sui distributori di carburante avranno tempi più lunghi e funzionali all’età media dei veicoli circolanti. Va osservato inoltre, che molte delle attuali  stazioni di servizio, soprattutto quelle situate lungo le tratte autostradali, potranno diventare stazioni di rifornimento di energia elettrica per la ricarica di auto elettriche appunto. Il pnrr al riguardo prevede lo sviluppo di un trasporto sostenibile attraverso la realizzazione di circa 7500 punti di ricarica rapida in sede autostradale e 13.750 punti di ricarica in centri urbani.

La strategia europea per la crescita sostenibile prevede la realizzazione di un milione di stazioni di ricarica in Europa già entro il 2025 per quello che viene definita sostenibilità competitiva. Il target successivo è quello di 3 milioni di stazioni di ricarica entro il 2030 e la realizzazione, di pari passo, anche della prima metà delle 1000 stazioni di idrogeno previste. I distributori di carburante tradizionali sarebbero i principali interlocutori in questo aspetto della transizione, visto che in altri paesi ci sono già esperienze di riconversione a stazioni di ricarica rapida per veicoli elettrici. Per essere concreti, abbiamo oggi diversi strumenti che vanno proprio in questa direzione. Da un lato il Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli elettrici (PNIRE) che definisce le linee guida per garantire lo sviluppo unitario del servizio di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica nel territorio nazionale oggetto di ampliamento e migliorie. Dall’altro il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che prevede la realizzazione di 100 stazioni di ricarica sperimentale con tecnologie di stoccaggio dell’energia. E le stazioni di carburante nel caso di specie rappresenterebbero siti di interesse.

Qualunque privato potrà gestire un infrastruttura di ricarica o servirà la concessione del governo? Nel caso, su quali basi verrà scelto il candidato?
Dipende da dove si intende realizzare l’infrastruttura. Se parliamo di suolo pubblico, normalmente la domanda di concessione è competenza dei Comuni. Nel determinarne il fabbisogno invece il riferimento sono i piani mobilità e trasporti regionali e in tal senso laddove sia necessario è possibile attivare sia bandi pubblici che procedure negoziate, sempre e comunque però nel rispetto della direttiva UE sulle infrastrutture dedicate ai carburanti alternativi.

Quali sono gli operatori in pole position per la costruzione della rete di colonnine elettriche e a idrogeno in italia?
Non è una corsa a chi ne realizza di più a causa di un fattore determinate che è la necessità di rendere omogenea l’offerta. In termini semplici: non ci può essere enorme divario tra Regioni, così come è potrebbe essere molto influente la presenza di servizi di ricarica rapida o ultrarapida con corrente continua ad alta potenza presso la stazione di ricarica. Discorso leggermente diverso per l’idrogeno, che è invece un vettore energetico e sarà importante capire anche i costi di produzione nonché le modalità con le quali viene prodotto: per questo motivo l’Unione Europea punta ad avere 6 GigaWatt di capacità di elettrolisi per idrogeno da fonti rinnovabili entro il 2025 nonché la produzione di 1 milione di tonnellate di idrogeno “verde” sempre entro il 2025.

Fonte affaritaliani.it – Articolo di Lorenzo Goj

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