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Benzinaio chiude a Catania: «Guadagni minimi, non ce la faccio più»

Catenaccio al distributore dopo 16 anni di attività a causa del caro-carburanti

Prezzi alle stelle per il carburante, non solo per la “super”, ma ormai anche per il diesel, e già iniziano a vedersi le code solo dove “costa meno”. Quello del “costa meno” è però un concetto molto relativo, perché il prezzo più basso che abbiamo individuato per il diesel (rigorosamente con rifornimento “fai da te”) è di 1,699 euro al litro (Petrol Company), che arriva a 1,719 euro alla Q8, 1,923 alla Eni, fino all’1,959 euro al litro all’Agip. Prezzi inevitabilmente superiori per la Super senza piombo: da 1,809 al litro alla Petrol, 1,849 alla Q8, per arrivare oltre i due euro alla Eni (2,021) e 2,059 all’Agip.

La spropositata crescita dei prezzi non è certo nota da oggi, ma mai come oggi è all’attenzione pubblica. «Dove andavamo da sempre perché aveva ottimi prezzi – ci spiega Oreste Crea, pensionato – da qualche tempo il costo si è alzato di almeno 20 centesimi. Non ricordo più da quanto tempo non faccio un pieno, ma 10, massimo 20 euro di benzina. Temo che molto presto sarò costretto a non poter più usare la macchina ogni giorno». «Ma non avete più benzina?»: è un sorpreso Luigi Chiarenza, affezionato cliente del distributore Esso di via Messina, quando scopre che da ieri il suo rifornimento di fiducia ha letteralmente sigillato le quattro pompe che ha a disposizione. Dopo una breve spiegazione del gestore del rifornimento sibila «cercherò altrove, ma mi spiace davvero». E in mezz’ora di clienti delusi se ne sono visti a decine. Del resto i diversi cartelli esposti sono molto eloquenti: «Dopo 16 anni di duro lavoro siamo costretti a non ritirare più carburante, non alle condizioni poste dalle società petrolifere, non con il margine riconosciuto al gestore. Un margine con il quale non si riesce neanche a far fronte alle spese, e quindi saremo costretti a dover chiudere. Lo Stato dov’è? Cosa fa per aiutare migliaia di gestori con altrettanti dipendenti, la nostra categoria non ha ricevuto alcun aiuto a fondo perduto.

L’associazione di categoria dov’è? Cosa fa? Noi chiediamo solo di lavorare dignitosamente, come abbiamo sempre fatto per decenni. Chiediamo dei margini dignitosi, togliere le commissioni sulle transazioni bancarie, aiuti sul caro bollette e, soprattutto, tasse che ci permettano di sopravvivere». Cos’è successo lo spiega direttamente il gestore del rifornimento, Sebastiano Grasso, 48 anni, accanto a lui ci sono un dipendente che ha dovuto licenziare, anche suo figlio che lo aiutava ha dovuto trovare un altro lavoro, gli altri sarà costretto a lasciarli a casa a breve. «Ho rilevato l’attività nel 2006 – racconta – ho lottato da subito per cercare di tenere in piedi quello che era il mio sogno, la gestione di una mia attività. D’accordo, il distributore in realtà appartiene alla compagnia, ma in realtà lo senti tuo. Ho cercato anche di farla crescere inserendo nuove attività per attirare i clienti, come il lavaggio auto e il bar, ma a distanza di anni mi sono trovato costretto a chiedere aiuto anche ad amici e parenti per cercare di andare avanti, senza però concludere niente. Il guadagno che abbiamo dalla vendita di carburante è minimo, quando lo acquisti devi anticipare il pagamento e poi quando arriva la “differenza” ti rendi conto che non basta per coprire le spese dell’attività, tra operai, bollette, commercialisti, consulenti, e che tutti i sacrifici fatti stando qui 12 ore al giorno non sono valsi a niente».

«Ho lottato fino ad oggi – prosegue – ora non riesco più». È stato costretto a chiudere le pompe. «Sì, perché non riesco più ad acquistare il carburante». La sua situazione sarà comune a tanti suoi colleghi, perché non sono qui insieme a lei a sostenere la causa? «Ognuno di noi ha le sue forze economiche, qualcuno ne avrà di più, ma suppongo che anche altri stiano annaspando. Mi aspetto che dopo la mia azione abbiano uno scatto di coraggio per esporsi anche loro. Noi ci aspettiamo risposte dalla nostra Compagnia di riferimento, dalle istituzioni, noi siamo qui, almeno finché non dovremo chiudere definitivamente».

Fonte lasicilia.it – Articolo di Maria Elena Quaiotti

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