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Benzina, cosa succede ai prezzi dopo il taglio di produzione di petrolio deciso dall’Opec+

Il cartello degli esportatori di greggio ha annunciato che da maggio verranno prodotti un milione di barili in meno al giorno. La possibilità che il costo dei carburanti torni a salire già a partire dal prossimo mese non è quindi lontana. Il commissario Ue all’Energia, Thierry Breton: “Coloro che controllano i combustibili fossili stanno giocando. Vedono che i prezzi stanno scendendo perché la domanda sta diminuendo, e allora producono di meno per aumentare i prezzi”.

L’imminente taglio nella produzione di petrolio annunciato a sorpresa dall’Opec+ fa tornare il timore che a breve il prezzo di benzina e gasolio possa salire di nuovo. Il valore del greggio è subito schizzato in alto, con Brent e Wti che si aggirano adesso intorno agli 80 dollari a barile. Il cartello degli Stati esportatori di petrolio, allargato alla Russia, ha fatto sapere che – a partire da maggio e almeno fino alla fine dell’anno – taglierà la produzione del greggio di un milione di barili al giorno. Prima dell’annuncio ufficiale, il primo Paese al mondo nel settore petrolifero, l’Arabia Saudita, aveva già detto che avrebbe diminuito la sua produzione di 500mila barili al giorno. Sono poi seguite a cascata le comunicazioni di tutti gli altri membri dell’Opec+. Gli Emirati Arabi Uniti contrarranno la produzione di 144mila barili, il Kuwait di 128mila, l’Iraq di 211mila, il Kazakistan di 78mila, l’Algeria di 48mila e l’Oman di 40mila. 

Annunciando il taglio da mezzo milione di barili, il ministro saudita dell’Energia ha sottolineato che si tratta “di una misura precauzionale per salvaguardare la stabilità del mercato del petrolio. La Russia prolungherà invece il taglio della produzione, sempre di 500mila barili al giorno, che già aveva previsto e comunicato, da marzo a giugno, per tutto il 2023. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto che i tagli annunciati sono “nell’interesse dei mercati globali dell’energia”. Non ci si aspettava una mossa così netta da parte dell’Opec+, anche perché nelle ultime settimane il prezzo del petrolio era già tornato a salire, dopo un periodo in cui si era assestato su valori più bassi, sulla scia dei timori scaturiti nell’ambito delle crisi bancarie, da quella di Silicon Valley Bank a quella di Credit Suisse. Lo scorso marzo, ricorda Bloomberg, i futures sul petrolio a Londra avevano così toccato il minimo da 15 mesi, posizionandosi intorno ai 70 dollari. La decisione dell’Opec+ non è piaciuta all’Europa. “Coloro che controllano i combustibili fossili stanno giocando. Vedono che i prezzi stanno scendendo perché la domanda sta diminuendo, e allora producono di meno per aumentare i prezzi”, ha detto il commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton. L’effetto dell’annuncio lo si è subito visto sui mercati asiatici. Nella mattinata di lunedì 3 aprile i prezzi del petrolio erano già saliti di quasi il 6%. “Questo aumento dimostra che si tratta di un mercato artificiale” e che “è urgente muoversi verso l’autonomia energetica, anche con il nucleare”, ha evidenziato Breton, sottolineando che per l’Ue “è urgente accelerare la decarbonizzazione”. Da maggio i prezzi dei carburanti, salvo interventi particolari, dovrebbero quindi tornare a crescere sul mercato internazionale: calando l’offerta ma la domanda non è strano pensare a nuovi rialzi. In tutto ciò, in Italia, a partire dallo scorso gennaio, non è più in vigore lo sconto sulle accise che era stato previsto dal governo Draghi per far fronte agli alti costi energetici dovuti alla guerra in Ucraina. 

Fonte tg24.sky.it

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