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Afghano ucciso: l’ipotesi dello sfruttamento degli immigrati irregolari

Confermato l’arresto di Zahidullah Safi. La Procura lavora all’ipotesi che la vittima fosse l’intermediario di un giro di stranieri irregolari

La gip Maria Gaspari convalida l’arresto di Zahidullah Safi, il giovane afghano accusato dell’accoltellamento di un suo connazionale, Khan Gulab, in un appartamento sulla Casilina mercoledì scorso. Ma le difficoltà dovute all’esigenza di trovare un interprete allontanano la possibilità di ricostruire in modo compiuto la storia, tanto drammatica quanto ancora frammentaria. La sera del 26 aprile i medici del 118 entrano in via Alia senza nulla poter fare per Gulab, che muore tra le loro braccia dopo aver perso moltissimo sangue. C’è un testimone però, amico della vittima. Adil Ahmad Momand racconta di aver assistito a una lite dai toni via via più violenti tra Safi e Gulab. 

Tra i due coinquilini c’è un rapporto di reciproca convenienza. Safi fungerebbe da «prestanome» di Gulab che gli avrebbe intestato un autolavaggio e, in cambio, gli fornisce un alloggio e «40 euro al giorno in nero». Un vincolo poco chiaro sul quale Safi, davanti alla gip, aggiunge nuovi dettagli: «Ha affermato che durante la discussione la vittima aveva minacciato lui e la sua famiglia asserendo di essere potente in Afghanistan». Una forma di pressione psicologica che affiora in altri casi del genere, dove gli equilibri pendono dalla parte di chi è in grado di offrire un tetto sulla testa del più debole. Tuttavia c’è qualcosa, secondo il pm Stefano Luciani, che merita una ricostruzione più approfondita. Possibile che Gulab sfruttasse gli stranieri in attesa di permesso, ritagliandosi un ruolo da intermediario nei confronti di stranieri irregolari? 

Al momento si tratta di una semplice ipotesi alla quale la Procura sta lavorando. Gulab e Safi «erano rincasati dopo aver terminato l’attività lavorativa presso l’autolavaggio attorno alle 20,30». Gulab aveva subito preso di petto l’altro sollecitandolo «a spostare altrove la sua residenza, magari a Viterbo o a Rieti, ove peraltro avrebbe potuto ottenere con maggiore facilità il permesso di soggiorno che invece non era ancora riuscito a conseguire a Roma». Il confronto fra i due si fa più nervoso e aggressivo, racconta Momand. Gulab mette le mani al collo di Safi e questi reagisce. Il testimone registra ogni dettaglio: «Safi aveva immediatamente sferrato una coltellata a Gulab attingendolo al petto, all’altezza del cuore e aveva poi di nuovo provato a colpirlo non riuscendo però ad affondare il colpo perché il coltello si era nel frattempo spezzato». Le indagini del pm Stefano Luciani proseguono per accertare i fatti. Intanto l’avvocato Maria Nellina Spataro che assiste Safi sottolinea: «Io stessa ho potuto vedere sul suo collo i segni di una pressione molto violenta. È chiaro che la discussione era degenerata. L’inchiesta accerterà il resto: sono fiduciosa sulla possibilità di dimostrare la verità dei fatti».

Fonte roma.corriere.it – Articolo di Ilaria Sacchettoni

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