Non si placano le polemiche sull’addio ai motori termici previsto per il 2035. Gli interessi in gioco valgono miliardi, interviene la Corte di giustizia europea
Ancora bufera sul diktat di Bruxelles e Strasburgo per lo stop ai motori a combustione interna a partire dal 2035. Un “anno horribilis” per l’industria automobilistica del vecchio continente, che sta preparando le trincee per affrontare la battaglia climatica con le più alte istituzioni europee.
Stretti tra l’incudine e il martello, i costruttori potrebbero dover pagare un caro prezzo per gli obiettivi dell’Agenda 2030 e per quelli del pacchetto Fit for 55. Tanto a cuore agli euro-decisori ma, per lo più costruiti a tavolino senza evidentemente prendere in considerazione le istanze di sopravvivenza dell’industria automobilistica.
Un settore che difficilmente sarà in grado di rinnovarsi completamente da qui al 2035, anno entro cui processi, materiali, stabilimenti e fonti energetiche dovranno cambiare per sempre faccia per poter ospitare la rivoluzione verde dell’elettrico. Sembra tutto così lontano nel tempo, ma i pochi anni che ci separano da quella data non consentiranno un cambio di paradigma così radicale.
Non siamo ancora pronti: verità o resistenza al cambiamento?
Siamo ancora troppo indietro. Non solo mancano le infrastrutture di produzione adeguate a reggere questa transizione, ma evidentemente anche una “expertise” di un certo livello sul mercato dei veicoli elettrici, che qui da noi sono in sostanza ancora agli albori del loro sviluppo, mentre in Cina e Stati Uniti hanno già fatto numeri da record.
La situazione è così preoccupante che diversi paesi membri dell’Unione si sono visti costretti a implorare proroghe e soluzioni alternative per evitare che questa decisione sullo stop ai motori termici nel 2035 rischi di innescare una situazione di crisi profonda del settore. Per allora potrebbe essere necessario continuare ancora a produrre macchine a combustione interna per tutta una serie di motivi, tra cui certamente ci sono quelli organizzativi, ma anche commerciali, infrastrutturali ed energetici.
Appello alla Corte di giustizia dell’Unione europea
Le soluzioni ci sarebbero per una possibile proroga, se solo fosse possibile commercializzare combustibili alternativi a più basso impatto ambientale, come gli e-fuels o i biocarburanti, sui quali ad esempio Eni sta portando avanti sperimentazioni con buoni risultati. C’è ancora da vedere come queste soluzioni si imporranno sulle volontà politiche dei singoli Paesi.
Intanto la questione dello stop ai motori termici è finita già in tribunale, dove la ministra del Clima polacca, Anna Moskwa ha promesso di trascinare i burocrati di Bruxelles appellandosi alla Corte di giustizia dell’Unione europea: “Non siamo d’accordo con questo e altri documenti del pacchetto Fit for 55, – ha spiegato – ci rivolgeremo alla Corte e speriamo che altri Paesi si uniscano a noi”.
Fonte giornalemotori.it – Articolo di Luca Papperini