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Le compagnie petrolifere (inclusa Eni) potranno utilizzare la CCS nel Mare del Nord

l piano per trasformare i vecchi giacimenti di petrolio e gas in vasti depositi di CO2 rientra nella strategia del governo britannico di sviluppare un’industria CCS per ridurre le emissioni dell’industria pesante

Il governo britannico ha concesso alle compagnie petrolifere le licenze che spera consentiranno loro di immagazzinare fino al 10% delle emissioni di carbonio del Paese in vecchi giacimenti di petrolio e gas sotto il fondale marino. Il governo ha assegnato oltre 20 licenze per il Mare del Nord – che coprono un’area grande quanto lo Yorkshire – a 14 aziende che intendono immagazzinare l’anidride carbonica intrappolata dall’industria pesante nei giacimenti di petrolio e gas esauriti. Le società includono Shell, Eni e Harbour Energy, la più grande compagnia indipendente di petrolio e gas che opera nel bacino del Mare del Nord britannico.

ENI OTTIENE LA SECONDA LICENZA CCS NEL REGNO UNITO

Per quanto riguarda l’Italia, Eni UK – l’affiliata di Eni nel Regno Unito – ha ricevuto da parte dell’Autorità britannica l’assegnazione della licenza per lo stoccaggio di CO2 per il giacimento a gas depletato di Hewett, a 20 km al largo di Bacton, nella parte meridionale del Mare del Nord. “La capacità di stoccaggio del giacimento di circa 300 milioni di tonnellate, la possibilità di riutilizzare parte delle infrastrutture ad esso connesso e la vicinanza al polo industriale di Bacton – ha spiegato la società in una nota – rende Hewett un sito ideale per stoccare in modo permanente l’anidride carbonica proveniente dalle industrie nel sud-est dell’Inghilterra e nell’area dell’estuario del Tamigi, vicino Londra, e promuovere la produzione e distribuzione di idrogeno blu, in coerenza con i piani e gli obiettivi di decarbonizzazione del Regno Unito”.

LE RICADUTE SULLE COMUNITÀ LOCALI

La realizzazione del progetto avrà delle importanti ricadute anche sulle comunità locali, creando nuove opportunità di lavoro e favorendo lo sviluppo economico dell’area. Attualmente sono già coinvolti, attraverso l’accordo di cooperazione Bacton Thames Net Zero, 13 partner industriali nei settori dell’energia, della produzione e dello smaltimento dei rifiuti.

La capacità iniziale di stoccaggio di CO2 è stimata in circa 6 milioni di tonnellate per anno a partire dall’ultima parte del decennio, e dopo il 2030 dovrebbe arrivare a superare le 10 milioni di tonnellate, apportando un significativo contributo rispetto all’obiettivo del Regno Unito di stoccare 20-30 milioni di tonnellate di CO2.

Questa nuova licenza nell’area di Bacton si aggiunge a quella ottenuta nel 2020 presso la Baia di Liverpool, dove Eni è l’operatore del trasporto e dello stoccaggio di anidride carbonica all’interno del Consorzio HyNet North West.

LA CCS E I PIANI DEL GOVERNO BRITANNICO

La North Sea Transition Authority (NSTA) – l’autorità di regolamentazione del settore sostenuta dal governo – ha affermato che le società potranno contribuire ad immagazzinare fino a 30 milioni di tonnellate di CO2 all’anno entro il 2030, ovvero circa il 10% delle emissioni annuali del Regno Unito.

Il piano per trasformare i vecchi giacimenti di petrolio e gas in vasti depositi di CO2 rientra nella strategia del governo di sviluppare un’industria di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) per ridurre le emissioni dell’industria pesante che entrano nell’atmosfera e contribuiscono al riscaldamento globale.

“Lo stoccaggio del carbonio svolgerà un ruolo cruciale nella transizione energetica, immagazzinando l’anidride carbonica in profondità sotto il fondale marino e svolgendo un ruolo chiave nella produzione di idrogeno e negli hub energetici. È entusiasmante assegnare queste licenze e i nostri team supporteranno i licenziatari per realizzare la prima iniezione di CO2 il prima possibile”, ha affermato l’amministratore delegato di NSTA, Stuart Payne.

LE STIME DELL’OEUK E LO SCETTICISMO DEGLI AMBIENTALISTI

Mike Tholen, direttore politico del gruppo industriale Offshore Energies UK (OEUK), ha affermato che “se riusciremo a farlo bene, non solo potremo ridurre in modo significativo l’impronta di carbonio del Regno Unito, ma posizionarci come leader mondiali nello spazio a basse emissioni di carbonio, creando opportunità per le persone e le imprese del Regno Unito e facendo leva sui nostri punti di forza industriali”.

L’OEUK stima che il Regno Unito avrà bisogno di 100 o più siti di stoccaggio del carbonio per raggiungere l’obiettivo del governo delle zero emissioni nette entro il 2050. Alcuni gruppi ambientalisti hanno messo in dubbio la validità dell’attenzione del governo sulla CCS, che sostengono sia una costosa distrazione dall’investimento in forme di energia a basso contenuto di carbonio. L’analisi dei consulenti climatici indipendenti del Regno Unito, il Comitato sui cambiamenti climatici, ha però mostrato che, senza la CCS, per il governo sarà difficile raggiungere i suoi obiettivi.

Fonte energiaoltre.it –  Articolo di Antonino Neri

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