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Tradate, il Museo delle pompe di benzina entrato nel Guinness dei primati: dalla colonnina della Regina al distributore «in gabbia antifurto»

Guido Fisogni lo ha aperto nel 1966. «Ho anche insegne, gadget, calendari. È l’esposizione più completa al mondo»

«”Te serv quel rottam lì?”. “No, portel via, te me fè un piasè”». Comincia così, in dialetto, accanto a una ruspa, la storia del museo Fisogni, il «Museo delle pompe di benzina». Erano gli anni Sessanta e Guido Fisogni, classe 1941, allora ventenne, si era inventato un lavoro: «Avevo un diploma di ragioniere in tasca, pochi soldi in casa ma un papà colonnello degli alpini che mi incitava ad andare avanti. Erano i tempi d’oro dei gruppi petroliferi, così mi sono presentato alla Mobiloil  in veste di installatore di distributori. Non ne sapevo niente, ma mi hanno creduto. Con due muratori e un elettricista ho aperto la mia aziendina. In poco tempo avevo già più di cento dipendenti. Gli affari andavano a gonfie vele. Ero a Palazzolo Milanese dove ho sempre abitato, lì c’era la ditta e un vecchio capannone. Mentre sbancavo i vecchi impianti, raccoglievo i reperti. Mia moglie non capiva: “Vedrai che poi serviranno”, le dicevo. Ho visto lungo». 

Il benzinaio con il fucile

L’attività lo porta in giro per l’Italia e per il mondo. L’imprenditore raccoglie non solo pezzi da museo, ma tante storie che oggi sembrano incredibili: 
«Mi piace ricordare l’Albania, dove ho lavorato per tre anni. Avevano vecchissime pompe di benzina dentro gabbie metalliche. Il gestore metteva il carburante da dietro le sbarre con un fucile accanto.  Erano continue rapine. Fatto il pieno, molti tentavano la fuga, senza pagare: allora partivano subito due colpi alle ruote. Era un Far West, erano gli anni Ottanta». 

Dopo il pieno, l’amaro o la grappa

Ricordi che si accavallano: «Sempre in quegli anni, le stazioni di servizio con il bar avevano un distributore automatico di liquori. Chi faceva il pieno poteva schiacciare il bottone e bersi un cicchetto: amaro o grappa, a scelta». «Era anche l’epoca dei gadget – ricorda Fisogni -. La Gulf è stata la prima: ha regalato ai suoi clienti ben 10 mila cartine stradali della Pennsylvania. C’era di tutto: portachiavi, accendini, fiammiferi, persino piatti e posate. Tutti pezzi di design e ora di culto.  Anche questi cimeli fanno parte del mio museo». 

Il museo in una villa a Tradate

Un museo che, nato nel 1966 a Palazzolo Milanese, frazione di Paderno Dugnano, è stato trasferito per necessità di spazio a Tradate (Varese). «Con oltre 6 mila reperti, di cui duecento sono voluminosi distributori, ho dovuto adattare una villa a museo. Qui dentro abbiamo colonnine di benzina di ogni epoca, forgia e colore. Abbiamo le insegne, le latte, i piccoli gadget, stampe e calendari. Tutti i marchi storici, alcuni ormai scomparsi, sono in esposizione: Shell, Agip, Fina, Gulf, Tamoil, Texaco». 

Una collezione da record

La collezione, afferma orgoglioso il patron, è entrata nel Guinness dei Primati come la più completa, di settore, al mondo. C’è qualche altra piccola raccolta in America, ma son poche decine di pezzi. 

La pompa della Regina (marchiata con una corona)

Fisogni ha anche qualche reperto introvabile: «Il più antico è una pompa di benzina del 1892 che ho trovato a Berna e che sembra uno scaldabagno. Particolare è anche la colonnina recuperata a Buckingham Palace con tanto di corona, mentre la più singolare è quella della “Siliam” in stile littorio. Una era posizionata a Palazzo Venezia e altre nelle ambasciate d’Italia. Cose dell’epoca fascista, pezzi di storia».

Il farmacista-benzinaio

«Bisogna immaginare – prosegue il collezionista – che nel corso del tempo è cambiato tutto: ora abbiamo i self service, alla fine dell’800, quando in circolazione c’erano cinquanta macchine di numero, la benzina si faceva dal farmacista. Lo stesso petrolio che dispensava per togliere i pidocchi veniva venduto in bidoni per far funzionare i motori». 

L’apertura su richiesta

Al museo arrivano tanti studenti per capire l’evoluzione del design. Trattandosi di una struttura privata, la gestione è in mano al collezionista, che dal 2005, giunto alla pensione, se ne occupa a tempo pieno. «Apriamo su richiesta, senza biglietto: solo libere offerte – spiega – . Mi sostengo con l’affitto degli spazi ampi, interni ed esterni, adatti a convegni e manifestazioni di auto e moto d’epoca. Le televisioni spesso noleggiano le nostre attrezzature per video e film. Ma sono attività complementari». Non nega però che un aiuto dalle istituzioni sarebbe gradito. 

Fonte corriere.it – Articolo di Maurizio Bonassina

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