Oltre all’associazione a delinquere di stampo mafioso, agli indagati i pm delle quattro procure contestano a vario titolo il riciclaggio e frode fiscale di prodotti petroliferi. Il procuratore di Napoli Melillo: “Emerso un ruolo centrale della presenza mafiosa nel settore della commercializzazione degli idrocarburi di figure apicali dell’associazione camorristica capeggiata, fra gli altri, da Antonio Moccia”.
Una settantina di arresti e sequestri per circa 1 miliardo di euro. È il risultato dell’operazione “Petrolmafie Spa” eseguita dai finanzieri dello Scico e dai carabinieri del Ros. Il blitz è scattato stamattina all’alba ed è frutto di un’inchiesta congiunta delle Dda di Reggio Calabria, Catanzaro, Napoli e Roma coordinate dalla Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo guidata da Federico Cafiero De Raho. Al centro delle indagini c’è un traffico di petrolio gestito dalla criminalità organizzata. Tra i beni sequestrati ci sono anche impianti della società petrolifera Max Petroli – ora Made Petrol Italia Srl – della famiglia Bettozzi. Agli arresti Anna Bettozzi, vedova del petroliere Sergio Di Cesare, che secondo gli investigatori è l’amministratrice di fatto della nuova società. I pm contestano a vario titolo agli indagati le accuse di associazione a delinquere di stampo mafioso, riciclaggio e frode fiscale di prodotti petroliferi. In mattinata è prevista una conferenza stampa nel corso della quale verranno illustrati i dettagli dell’inchiesta che dovrebbe essere collegata all’operazione “Oro Nero” che, una decina di anni fa, nella Locride aveva portato al sequestro di oltre 350 milioni di euro e aveva colpito una holding del petrolio gestita da due fratelli. All’epoca come oggi, le indagini riguardavano un illecito traffico di carburante.
Il filone napoletano: coinvolte figure apicali della Camorra – Nel filone napoletano dell’inchiesta, il procuratore di Napoli Giovanni Melillo ha spiegato che è emerso “un ruolo centrale della presenza mafiosa nel settore della commercializzazione degli idrocarburi di figure apicali dell’associazione camorristica capeggiata fra gli altri da Antonio Moccia”. L’indagine “ha dimostrato, ancora una volta la capacità di infiltrazione criminale, con la presenza sistematica, massiva, di imprese fiduciarie di associazioni mafiose in settori economici delicati e complessi come quello interessato da questa indagine, dei prodotti petroliferi” ha aggiunto. “Parliamo di una vera e propria costellazione di imprese mafiose che costituiscono una componente strutturale del mercato le quali offrono e mettono a disposizione di chi entra in rapporto con loro ingenti risorse finanziarie – ha spiegato – Soprattutto offrono una straordinaria capacità di garantire servizi illegali, come quelli rappresentati in questo caso da una rete impressionante di società cartiere, intestate a prestanomi, che hanno il compito di realizzare e utilizzare false fatturazioni che consentono poi straordinari profitti”.
A Roma il ruolo di un “gruppo imprenditoriale importante” – L’inchiesta romana ha portato nello specifico a 23 misure cautelari personali e ha permesso di quantificare il profitto illecito conseguito dalle attività criminali in 180 milioni di euro. A spiegarlo il procuratore di Roma Michele Prestipino nel corso della videoconferenza con i procuratori di Napoli, Giovanni Melillo, di Catanzaro Nicola Gratteri, di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri. La parte romana dell’indagine “ha riguardato, ed è molto intrecciata con le attività della procura di Napoli, l’attività di un gruppo imprenditoriale importante, radicato da anni su Roma e che storicamente – ha spiegato Prestipino – ha fatto pesare la propria presenza, in regime spesso di monopolio, sul settore della commercializzazione dei prodotti petroliferi”. Si tratta appunto della ex Max Petroli, che vedrebbe a capo Bettozzi. “Seguendo negli anni questo gruppo imprenditoriale è emersa la presenza, nemmeno così occulta, in una situazione di finanziamento e copertura, di personaggi legati a gruppi di camorra”. Il procuratore capo di Roma ha poi ringraziato le forze dell’ordine e i colleghi delle altre procure per “un’indagine che ha messo insieme le intelligenze investigative dei quattro uffici perché – ha sottolineato – questo imponeva lo scenario criminale”.
Fonte ilfattoquotidiano.it – Articolo di Lucio Musolino