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Quell’idea mai abbandonata delle batterie estraibili.

Quella delle batterie estraibili è una tecnologia che, nonostante sia sempre stata lontana dal diventare uno standard nel mondo delle Ev, non è mai stata abbandonata. Di più: viene periodicamente rilanciata ed è già realtà nell’ambito della urban mobility, con alcuni mezzi, peraltro disponibili in Italia, che prevedono la possibilità di estrarre gli accumulatori. Senza dimenticare che, in Cina, sono diverse centinaia le stazioni oggi dedicate al battery-swap, la sostituzione immediata dei pacchi batteria delle auto elettriche con altri già carichi: una soluzione che permette di ovviare al problema dei tempi di attesa alle colonnine.

Batteria a casa.

Proprio nel caso in cui il veicolo elettrico non possa sfruttare un’infrastruttura di ricarica, perché assente o già occupata da altre vetture, né una semplice presa di corrente al piano stradale, potrebbe essere d’aiuto la possibilità di rimuovere il pacco batterie o una sua porzione, in modo da ricaricarla da casa o dall’ufficio, se non da una caffetteria o da qualunque altro luogo dotato di una presa di corrente. È quello a cui ha pensato, per esempio, la Fiat con la concept Centoventi, dotata di accumulatori modulabili e divisi in cinque parti, tra cui quello collocata sotto i sedili anteriori, che può essere estratto e trasportato a mano.

Già in vendita.

L’idea, a dire il vero, non è nuova. Da qualche anno, infatti, è in commercio l’italiana Estrima Birò, una microcar elettrica che fa proprio della batteria estraibile uno dei suoi punti di forza. Battezzata Re-Move, questa soluzione permette di trasportare gli accumulatori a mo’ di trolley, sfruttando le rotelline incorporate e la maniglia telescopica, per poi ricaricarli ovunque si voglia tramite una normale presa domestica a 220V. Ovviamente, è anche possibile ricaricare la vetturetta – omologata come quadriciclo leggero o pesante, a seconda delle versioni – lasciando le batterie al loro posto.

Lo scooter.

Non solo auto: tra i mezzi della mobilità urbana che adottano la batteria estraibile ci sono anche veicoli a due ruote, come l’eScooter125 lanciato da Seat Mó, la nuova divisione di Martorell dedicata agli spostamenti cittadini. Ebbene, dal fianco di questo mezzo è possibile anche in questo caso asportare il pacco batterie (collocato tra la ruota posteriore e la pedana) e trasportarlo come se fosse un trolley, in maniera analoga agli accumulatori della Birò.

Battery swap.

L’eScooter125 è una soluzione per la mobilità alternativa della Seat nata sotto la direzione di Luca De Meo, oggi amministratore delegato del gruppo Renault. Proprio De Meo ha di recente rivelato che i tecnici del colosso francese stanno lavorando al battery-swap, cioè alla possibilità di sostituire la batteria scarica di un’auto elettrica con un’altra già carica, sfruttando apposite infrastrutture. Si tratta di una proposta non nuova per la Régie, annunciata per la prima volta un decennio fa e con cui a breve, seppur in una forma molto semplificata, gli italiani potrebbero fare conoscenza: a luglio, infatti, verranno effettuate le prime consegne della Yoyo, la microcar elettrica dell’italocinese XEV, per cui è prevista in futuro l’attivazione di un network di swapping point in cui sostituire al volo le batterie removibili. Non solo: per questa vetturetta è in programma anche un servizio di sostituzione a domicilio, attivo 24 ore, per chi non avesse la possibilità di caricare il veicolo da casa o da una colonnina pubblica.

L’esempio cinese.

Così come concepito e ideato dai grandi costruttori di auto, il battery-swap è in realtà un processo del tutto automatizzato, che richiede stazioni sofisticate. Proprio come quelle oggi già presenti in Cina, il Paese che più di tutti sta credendo nella sostituzione degli accumulatori. La Nio, per esempio, ha iniziato a installarle nel 2018 e conta di avvicinarsi alle 500 unità entro la fine del 2021. Poco più di un mese fa, peraltro, l’azienda cinese ha inaugurato a Pechino la sua prima stazione di seconda generazione, che consente fino a 312 cambi di accumulatori al giorno, con tempi inferiori ai cinque minuti per ogni sostituzione, e può ospitare fino a 13 pacchi batteria. La Baic, invece, prevede di aggiungere altre 100 stazioni di battery swapping alla sua rete già esistente, che al termine del 2020 contava già più di 200 infrastrutture. Va detto che il colosso pubblico cinese ha reso disponibile questa tecnologia soprattutto per i suoi taxi elettrici, di cui migliaia di esemplari predisposti per tale processo già sono operativi sulle strade. Del resto, la necessità di ripristinare in tempi rapidi – simili a quelli di un pieno di benzina – l’autonomia del mezzo appare molto più forte proprio per i veicoli professionali, a maggior ragione durante il servizio.

Il futuro.

 Anche negli Usa si segnalano alcune applicazioni del battery swapping, tra cui quelle della startup Ample, che ha già installato in California alcune stazioni dedicate alla sostituzione delle batterie secondo un modello universale, la cui struttura occupa l’equivalente di due posti auto e non richiede interventi di edilizia. Rimanendo sulla West Coast, però, la Tesla sembra aver da tempo rinunciato a questa soluzione, dopo averla sperimentata a partire dal 2013: “Alle persone non interessa. I Supercharger sono sufficientemente veloci”, le parole di Elon Musk nel 2015. Del resto, proprio la rapida evoluzione delle batterie e delle infrastrutture di ricarica, che permettono ai modelli di nuova generazione di ripristinare l’80% dell’autonomia in mezz’ora o poco più, fanno pensare a ricariche sempre più rapide per il futuro. Rapide, ma non con tempi simili a quelli di un pieno di benzina, già garantiti, appunto, dalle stazioni di battery swapping (e dalle celle a combustibile). Semmai, i principali freni alla diffusione di tale tecnologia sono i costi più elevati delle infrastrutture e la mancanza di uno standard per le batterie, che, inevitabilmente, andrebbe prima o poi concordato tra i grandi costruttori di veicoli elettrici per la fruibilità su larga scala degli swapping point.

Fonte Quattroruote.it – Articolo di Alessandro Mirra

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