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Biometano: a che punto è l’Italia oggi.

Federmetano analizza lo scenario e le prospettive del gas naturale per autotrazione.

Perché usare il biometano in autotrazione? Quali sono le conseguenze del suo utilizzo per l’ambiente e la collettività? Come si sta muovendo il nostro Paese? È a queste domande che risponde l’analisi di Federmetano sullo scenario attuale e sulle prospettive future del gas naturale per autotrazione.

Il gas naturale è la soluzione a portata di mano per traguardare nell’immediato la sostenibilità ambientale. Già nella sua accezione fossile, il metano è meno impattante rispetto agli altri carburanti tradizionali, poiché contribuisce drasticamente al calo degli inquinanti locali (Pm10, Pm2,5, NOx e SOx). La sua valenza trova maggiore espressione nell’utilizzo del biometano, combustibile 100% rinnovabile e totalmente made in Italy. Un esempio di economia circolare che consente di ottenere energia dagli scarti, derivando dall’upgrading del biogas prodotto da matrici quali Forsu, fanghi di depurazione, reflui zootecnici, scarti agricoli e biogas di discarica.

Il biometano è utilizzabile esattamente come Cng e Lng di origine fossile, ma con emissioni di CO2 pari a zero, su ogni veicolo attualmente alimentato a gas naturale senza necessità di modifiche motoristiche. Rappresenta, quindi, un vettore energetico virtuoso, dotato di un’infrastruttura esistente e capillare – composta di circa 1.500 punti vendita – che non richiede ulteriori investimenti ed è pronta anche per le future miscele metano/idrogeno, consentendoci quindi di guardare molto avanti nella transazione energetica.

Considerando il sistema “Well-to-Wheel”, il biometano – sia compresso sia liquefatto – consente una riduzione complessiva delle emissioni di CO2 che può andare dall’80% fino al 180% rispetto ai carburanti tradizionali. Non solo, permette anche di intercettare il gas prima della sua dispersione in atmosfera e, quindi, di ridurre efficacemente l’effetto serra. A oggi è l’unica soluzione a emissioni negative di CO2, un risultato che l’elettrico non può ottenere.

Le opportunità economiche e ambientali insite nell’utilizzo della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (Forsu) e di sottoprodotti per la produzione di biometano in ambito urbano, oltre che metropolitano, sono state evidenziate anche nello studio condotto da ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, incentrato su Roma Capitale, “A circular economy model based on biomethane: What are the opportunities for the municipality of Rome and beyond?”. Dallo studio si evince che l’amministrazione capitolina avrebbe a disposizione 37,6 mln Sm3 di biometano (26.306 Sm3 da Forsu e 11.281 Sm3 da sottoprodotti), sufficienti ad alimentare circa 28.200 veicoli a gas naturale, con una riduzione complessiva delle emissioni di gas serra pari a un valore compreso tra 43 e 51 mila tonnellate di CO2eq/anno (considerando il modello “Well to Wheel”). Di conseguenza, la domanda attuale di gas naturale per il trasporto in questo territorio potrebbe essere soddisfatta con il biometano.

Lo studio fornisce inoltre interessanti spunti di riflessione sulla potenziale redditività di questa soluzione e sui “costi del non fare”: la profittabilità degli impianti di biometano può arrivare a 63,3 milioni di euro, mentre il ritardo di un anno nella realizzazione degli impianti di biometano provocherebbe perdite economiche fino a circa 2,9 milioni di euro. La produzione e l’utilizzo del biometano favorirebbero, inoltre, il Paese nel traguardare l’indipendenza energetica. In tal senso, Fedemetano sta lavorando, sensibilizzando governo e istituzioni, per fra fronte all’attuale crisi dei prezzi con soluzioni che abbiano efficacia nel breve periodo.

Nel 2020 il 20% di metano usato in autotrazione era di origine bio – circa 2,04 mld di km sono stati percorsi dagli 1,088 milioni di veicoli a gas naturale attualmente circolanti in Italia a impatto zero – percentuale stimata del 30% per il 2021. Risultati importanti che dovrebbero essere incrementati – a fronte del biometano che si andrà a produrre al 2026, pari a circa 3,5 mld Sm3 per tutti gli usi – nel trasporto pubblico locale, trasporto leggero e in quello pesante. Parlando di trasporto pesante è da sottolineare che nel periodo gennaio-settembre 2021 sono stati immatricolati circa 1.200 mezzi pesanti alimentati a metano, di qui 774 sono alimentati a Lng (+48% rispetto allo stesso periodo del 2020).

Circa 3.700 sono i mezzi che si muovono a Lng immatricolati in Italia dal 2014 a settembre 2021. Mezzi che potrebbero essere alimentati a bio-Lng, contribuendo in maniera decisiva a perseguire gli obiettivi europei di decarbonizzazione. A ribadirlo il recentissimo studio sul bioLng, realizzato dall’Istituto sull’inquinamento Atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-IIA) e promosso dal Consorzio italiano biogas (Cib) e Iveco. Dallo studio, che ha lo scopo di valutare gli effetti ambientali del biometano liquefatto rispetto agli altri combustibili (diesel e metano di origine fossile) impiegati nei trasporti pesanti e che ha come scenario di riferimento il mercato italiano, emerge quanto segue: “Nell’analisi comparata, attraverso un approccio well-to-wheels (dal pozzo alla ruota), si è voluto approfondire il contributo della liquefazione e della cattura del carbonio nella catena di produzione del biometano prendendo in esame diverse tipologie di alimentazione del digestore anaerobico e la presenza o meno di un impianto di cattura dell’anidride carbonica. Dai risultati dello studio emerge il ruolo di primo piano del biometano liquefatto nel processo di decarbonizzazione dei trasporti e nella riduzione dell’inquinamento atmosferico, anche alla luce degli obiettivi di neutralità carbonica fissati a livello europeo al 2050. Nel settore della mobilità, infatti, il bio-Gnl può portare a una riduzione delle emissioni di gas serra fino al 121,6% e una diminuzione fino al 65% di biossido di azoto rispetto ai mezzi alimentati a diesel. Degli 11 scenari analizzati, la produzione di biometano liquefatto è risultata infatti particolarmente vantaggiosa da un punto di vista ambientale nel caso del biogas prodotto interamente da effluenti zootecnici, poiché affronta contemporaneamente le emissioni dei trasporti e quelle derivanti dalla migliore gestione degli effluenti, raggiungendo una riduzione delle emissioni di -572 gCO2eq per km se comparate a quelle di un mezzo pesante con alimentazione diesel”.

Fonte larepubblica.it – Articolo di Beatrice Foresti

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