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Inneggiava ai talebani e alla Jihad, promuovendo associazioni terroristiche: scatta il fermo per istigazione a delinquere

La procura distrettuale antimafia e antiterrorismo dell’Aquila ha indagato a lungo sul 31enne pachistano che lavorava in un autolavaggio di Francavilla, già colpito da un provvedimento di espulsione dall’Italia.

Era stato arrestato lo scorso agosto perché inneggiava al Califfato islamico e alla Jihad sui social network. E ora a carico di un 31enne pakistano, da circa tre anni residente a Francavilla al Mare, è scattato un decreto di fermo della procura distrettuale antimafia e antiterrorismo dell’Aquila. 

Il provvedimento è stato eseguito lo scorso 15 dicembre, a Bari, dai militari del raggruppamento operativo speciale carabinieri. Il fermo è stato convalidato dal giudice e ieri pomeriggio il competente Gip dell’Aquila, su richiesta della procura, ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare a carico dell’uomo, con l’accusa di istigazione a delinquere aggravata dalla finalità di terrorismo. L’uomo, che lavorava in un autolavaggio, era in attesa di rimpatrio, dopo il provvedimento di espulsione dal territorio nazionale per ordine e sicurezza pubblica, emesso dal prefetto di Chieti.

La misura cautelare è il frutto di una complessa ed articolata attività di indagine dei Carabinieri del Ros, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo dell’Aquila, sotto la direzione del procuratore della Repubblica Michele Renzo e del sostitutot procuratore Simonetta Ciccarelli. 

Gli investigatori hanno ricostruito un rapido e intenso processo di “autoradicalizzazione” islamica del 31enne pakistano, che aveva assunto connotazioni estremiste di natura salafita. Indizio, quest’ultimo, che ha spinto gli inquirenti a svolgere ulteriori attività investigative nei suoi confronti. 

Così, è stata documentata una sua continua attività di propaganda apologetica, tramite Facebook, consistente in “post” e commenti a favore dei metodi terroristici e delle vittorie delle milizie talebane. Gli inquirenti hanno inoltre dimostrato come il pakistano abbia inoltrato a più persone, via WhatsApp, video e fotogrammi di propaganda jihadista, palesando un’esplicita attività di istigazione a commettere i delitti di partecipazione ad associazioni con finalità di terrorismo ed attentati terroristici.

Secondo quanto appurato dagli investigatori, l’uomo si rivolgeva in lingua urdu ai propri concittadini, sia quelli residenti in Italia che in Pakistan, tentando di influenzarli in senso radicale, pubblicando immagini elogiative dei talebani, e in particolare dell’organizzazione terroristica Tehrik-i-Taliban Pakistan (TTP). Sul suo telefono, precedentemente sequestrato, sono stati infatti rinvenuti molti video e fotografie, alcuni dei quali anche pubblicati e condivisi sui social, dei campi di addestramento in Afghanistan, di miliziani armati, effigi di Osama Bin Laden e dei leader talebani, con espressioni elogiative nei confronti delle organizzazioni jihadiste, invitanti anche esplicitamente al martirio contro gli “infedeli”.  

Ora, spetterà al tribunale dell’Aquila celebrare il processo per stabilire l’eventuale responsabilità penale del 31enne rispetto alle accuse mosse dalla procura distrettuale. 

Fonte chietitoday.it

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