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«La cassaforte va svuotata». Così la catena di autolavaggi in Germania ripuliva i soldi della ‘ndrangheta

La sovra-fatturazione per riciclare i proventi del narcotraffico. Tre società a Monaco di Baviera e i contanti immessi nell’economia pulita.

REGGIO CALABRIA. La colonna tedesca dei clan della Locride coopera «con l’organizzazione di San Luca nel traffico di droga» ma il suo compito «fondamentale» è quello «di “ripulire” i proventi delittuosi attraverso un sistema di sovra-fatturazione delle attività commerciali di Michele Murdaca in Germania». 
Ai tempi della caduta del muro di Berlino l’imperativo della ‘ndrangheta era «Kaufen, Kaufen, Kaufen» come racconta un’intercettazione captata dalla polizia tedesca e ritenuta a lungo una leggenda investigativa. «Comprare, comprare comprare»: esigenza primaria in un momento che fu di svolta per il mondo e per le mafie. Oggi si tratta di «riciclare, riciclare, riciclare» perché i tempi sono cambiati. In quell’epoca la ‘ndrangheta aveva bisogno di reinvestire il denaro sporco, adesso il problema è quello di giustificare le proprie enormi ricchezze. Trasferire i soldi del narcotraffico dalle casseforti di San Luca all’economia legale. Uno dei mezzi per farlo è la catena di autolavaggi “Bg Fahrezeugpflege” a Monaco di Baviera, nei quartieri di Pep, Riem e Pasing. «Le intercettazioni captate, di straordinaria chiarezza, dimostrano – spiega il gip – come i narco-proventi di San Luca vengono trasportati in Germania, per essere immessi nelle casse» dell’azienda «e dichiarati come guadagni (in realtà fittizi), con lo scopo di poterli versare sui conti correnti della società e renderli lecitamente spendibili».

«Michele non sa pulire le macchine ma sa fare i soldi»

Michele Murdaca è noto agli investigatori tedeschi. Condannato dal Tribunale distrettuale di Monaco di Baviera per i fallimenti di due società di ristorazione, «risulta interdetto dall’attività imprenditoriale in Germania». Ha debiti con il Fisco tedesco per 344mila euro. Non può essere ufficialmente lui il titolare delle ditte, intestate alla moglie e a Benjamino Galluzzo, suo socio. Di fatto, secondo i magistrati antimafia, le gestisce. 
Galluzzo, in una conversazione definita «di straordinaria rilevanza investigativa», racconta che Murdaca è un ottimo socio. «Non perché sa pulite le macchie ma perché c’ha il suo modo di poter guadagnare soldi e non sono fatti miei… da dove vengono, come fanno non mi interessa niente, basta che li va a prendere». È in quello stesso dialogo che Galluzzo spiega che «a San Luca» c’è «una cassaforte contenente soldi». «C’abbiamo la cassaforte in Italia… c’abbiamo la cassaforte in casa sua dietro un quadro». Questi soldi sarebbero stati «trasportati periodicamente in Germania per confluire nelle casse della “Bg”». Quel «non mi interessa niente» potrebbe segnare uno scarto netto rispetto all’effettiva consapevolezza di Galluzzo. Per l’accusa non è così: il socio di Murdaca sarebbe «ben consapevole» dell’«origine illecita di tali fortune», e lo dimostrerebbe «il coinvolgimento di entrambi, quali finanziatori della somma di 150mila euro, in un’importazione in Belgio di 40 chilogrammi di cocaina provenienti dal porto di Santa Maria in Colombia, nonché dell’ulteriore tentativo di importazione in Australia, dove Galluzzo riferiva di avere investito un bel po’ di soldi («abbiamo anche un bel po’ di soldi in Australia»). 

Il sistema. «Metti tu i soldi, paghi le tasse e sei pulito per lo Stato»

«La cassaforte deve essere svuotata» è la frase chiave per ricostruire gli affari dei clan della Locride in Germania. Non importa quanto davvero lavorino le società di autolavaggio aperte a Monaco di Baviera, i reali incassi non contano nulla. L’importante è ripulire i soldi del narcotraffico. Una delle conversazioni intercettate nell’inchiesta “Eureka” della Dda di Reggio Calabria spiega bene il meccanismo utilizzato. «Ogni giorno i tuoi mille euro li fai sempre… così paghi le tue tasse… li metti sulla banca… quindi è uguale se viene una macchina o se vengono venti macchine, non fa differenza». Nella frase c’è il succo dei discorsi sul riciclaggio della ‘ndrangheta: non importa che le società producano reddito, l’importante è far girare il denaro che arriva dalla cassaforte. «Ogni filiale – spiega una delle persone intercettate – deve fare mille euro, quindi quattromila euro al giorno devono uscire. Abbiamo quattro ditte, tutte e quattro lavano macchine (…) e questi soldi li prendi dalla cassaforte e ogni giorno metti in cassa». 
Ci sono giorni buoni «che i clienti veramente vengono e fai mille… duemila euro… allora quel giorno non metti niente. Se il giorno dopo escono solo cento euro, novecento li metti tu. E paghi le tasse e così sei pulito davanti allo Stato. Questi soldi li metti sul conto e con questi soldi puoi comprarti la casa, la macchina, quello che vuoi. Perché con quei soldi che hai nella cassaforte non… puoi comprarti solo la gingomma».

I lavaggi fittizi di auto. «Con un solo operaio dichiarano 81mila euro di incasso in 7 giorni» 

I soldi vengono prelevati dalla cassaforte, viaggiano in contanti e si scaricano nelle casse delle attività commerciali per essere ripuliti. Non arrivano soltanto dall’Italia ma anche dall’Australia. Gli investigatori tedeschi notano le anomalie nei conti di una delle società di autolavaggio a Monaco di Baviera. «A fronte di un numero minimo di prenotazioni di lavaggi e di pagamenti con carta di credito – evidenziano gli inquirenti – risultava, in sole 7 giornate di lavoro, un incasso in contanti di oltre 81mila euro». Troppi, per un’impresa che secondo il proprietario Benjamino Galluzzo avrebbe avuto «un unico operaio per autolavaggio, con una media di 1-2 lavaggi al giorno». In soldoni, «non è ricevibile l’ipotesi che nel solo autolavaggio di Pasing possano essere state lavorate in un solo giorno 200 macchine (considerando l’esorbitante prezzo di 100 euro a lavaggio), con pagamenti quasi esclusivamente in contanti». Non più “comprare” ma “riciclare”. Più di trent’anni dopo – con una strage a Duisburg nel 2007 – la Germania resta terra di conquista. «Avevamo capito che si poteva investire su tutto perché c’erano delle leggi favorevoli», diceva Gaspare Mutolo, ex affiliato a Cosa Nostra, per spiegare il motivo di quelle infiltrazioni. Quel terreno è, purtroppo, ancora fertile.

Fontecorrieredellacalabria.it –  Articolo di Pablo Peterasso

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