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In Italia ci sono troppi distributori di benzina, alcuni chiuderanno

L’Italia è uno dei Paesi europei con il maggior numero di stazioni di rifornimento. All’assemblea UNEM 2023 si è parlato di chiusure.

L’Italia è il Paese del sole, del mare, della dolce vita, ma anche dei distributori di benzina. Sì, perché la nostra è una delle 27 Nazioni europee con il maggior numero di stazioni di rifornimento sul territorio.

Il tema è stato affrontato nel corso dell’assemblea UNEM 2023 (Unione Energie per la Mobilità, ex Unione Petrolifera), durante la quale si è parlato di “razionalizzazione della rete”, qualcosa che si sta cercando di fare da anni anche per contrastare l’illegalità, ormai (purtroppo) ben radicata nel settore. Ecco cosa potrebbe accadere.

Tutti i numeri del settore

Partiamo dai numeri. In Italia oggi ci sono circa 22.700 stazioni di rifornimento, vale a dire circa un impianto ogni 1.700 auto (in base all’ultimo rapporto statistico della stessa UNEM pubblicato alla fine del 2021). Si tratta di un numero molto elevato, ben lontano dal benchmark europeo, fermo a quota 12.000 pompe di benzina.

Una differenza importante, che appare subito chiara quando, per esempio, ci si reca all’estero con l’auto per lavoro o in vacanza, guidando in autostrada e chiedendosi il perché della distanza di 50/60 km tra un punto di ristoro e un altro.

Come illustrato dall’UNEM nel corso dell’assemblea annuale 2023, quello che a noi potrebbe sembrare apparentemente un problema delle altre Nazioni, dunque, in realtà è un nostro problema: insomma abbiamo troppi punti dove fare il pieno.

Parola agli esperti

Nel corso dell’assemblea questo importante tema è stato affrontato durante la seconda tavola rotonda prevista nell’ordine del giorno, che ha visto la partecipazione di Massimo Bitonci, Sottosegretario al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, Massimiliano Fedriga, Presidente Conferenza Stato-Regioni, Vinicio Peluffo, Componente X Commissione Camera, PD, Luca Squeri, Capogruppo X Commissione Camera, Responsabile Energia Forza Italia e Riccardo Zucconi, Responsabile Energia Gruppo Fratelli d’Italia Camera.

I manager hanno spiegato brevemente che il problema, tutto italiano, risale a molti anni fa, in particolare agli inizi degli anni ’60, quando, nel periodo del boom economico, iniziarono a nascere molte stazioni, anche piuttosto vicine le une alle altre.

Nel corso della seconda metà del secolo scorso, le istituzioni hanno lavorato duramente per cercare di ridurre l’importante numero iniziale, passando prima a un sistema concessorio e, successivamente, all’attuale sistema autorizzativo.

Oggi il settore dei carburanti in Italia è gestito per circa la metà da quattro provider principali e per la restante parte da gestori minori, sia con marchi meno blasonati ma comunque storici, sia senza brand (le cosiddette pompe bianche).

I problemi del settore

Ma quali sono i problemi che il settore sta attraversando e perché è davvero importante razionalizzare la rete secondo l’UNEM? In base ai numeri esposti dall’associazione, delle 22.700 stazioni un numero compreso tra le 4.000 e le 5.000 starebbero attualmente operando con metodi di erogazione illegali (sia fiscali che strutturali, ndr).

Secondo gli intervenuti alla tavola rotonda, queste stazioni, non conformi alle norme, dovrebbero essere le prime a dover chiudere nei prossimi anni, a seguito di controlli territoriali eseguiti dalle autorità di competenza (per esempio dalla Guardia di Finanza).

L’obiettivo del Governo, in accordo con le varie associazioni di categoria, è chiaramente quello di garantire al consumatore finale un’erogazione regolare dei carburanti, sia in relazione alla loro qualità sia in relazione al prezzo e alla quantità (nonché alla miscela).

Ma non solo. Per ridurre la presenza dei distributori sul territorio (non solo di quelli illegali) – qualcosa tra l’altro ormai utile visti i bassi consumi delle auto e le varie alternative di mobilità alla benzina e al diesel – alcune stazioni potrebbero anche essere riconvertite ad hub eroganti energia elettrica o idrogeno, per alimentare le auto e i camion del futuro. Non resta che attendere, dunque, per vedere come il settore reagirà a questi cambiamenti.

Fonte it.motor1.com – Articolo di Gianmarco Gori

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