NewsRassegna Stampa

Intervista a Luca Squeri. Nucleare in Italia, l’industria è pronta. La politica pure. Ora serve il consenso della gente.

Investire nella formazione continua e nella ricerca, valorizzando il know-how italiano in materia di nucleare, è stato questo l’invito comune che i relatori intervenuti nel panel “Nucleare in Italia: scenari e prospettive”, organizzato oggi a Montecitorio, hanno rivolto alle autorità nazionali e internazionali presenti. Un tavolo di alto livello quello riunito dal Dipartimento energia di Forza Italia, guidato dal deputato Luca Squeri; tra i relatori figure di spicco del panorama industriale nazionale, e non solo, ed eccellenze del mondo tecnologico del calibro di Leonardo, Eni, Edison e Ansaldo, che hanno espresso dal punto di vista scientifico le potenzialità sul piano energetico, economico e ambientale dell’atomo.

La storia dell’energia nucleare inizia in Italia proprio grazie agli esperimenti condotti da un gruppo di giovani scienziati guidati dal celebre fisico Enrico Fermi: i ragazzi di via Panisperna. Da allora il progresso tecnologico ha fatto passi da gigante giungendo agli innovativi reattori di quarta generazione. Eppure, nonostante l’ormai acclamato ruolo che il nucleare potrebbe ricoprire nel processo di transizione energetica, il ricorso a questa fonte nel nostro Paese resta un tabù.

Secondo Roberto Cingolani già ministro della Transizione ecologica nel governo Draghi e ora Ad di Leonardo, il tema della reintroduzione del nucleare in Italia va studiato e non ideologizzato. In questo modo ha invitato di fatto le istituzioni a una riflessione pacata che, numeri alla mano, dimostri il contributo che l’atomo offre nel mix energetico del paese attraverso una politica energetica sartoriale, tarata sulla domanda di energia e sulle caratteristiche del territorio.

L’Italia è chiamata a fare una scelta di strategia energetica per tener fede alle promesse fatte nei consessi internazionali. Parliamo del Green deal europeo che ha prefissato l’ambizioso obiettivo di raggiungere la neutralità climatica tra gli stati membri entro il 2050 e del pacchetto Fit for 55% – una serie di impegni per ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990). L’alterazione dell’equilibrio climatico della Terra, infatti, è ormai sotto i nostri occhi ed estremi eventi metereologici, idrologici e climatologici, fino a ieri eccezionali, sono oggi diventati sempre più frequenti e devastanti. Lo dice chiaramente il rapporto dell’Ipcc, che testimonia la necessità impellente di una inversione di marcia. Ed è proprio la crisi climatica il miglior sponsor del nucleare secondo Paolo Arrigoni, presidente del Gestore servizi energetici (Gse) intervenuto nel corso del dibattito.

Siamo infatti portati a pensare che la soluzione al problema del cambiamento climatico sia da trovare in un massiccio ricorso alle fonti di energia rinnovabile (fer). Le fer, del resto, rispondono ai requisiti di sostenibilità perché basate su risorse naturali, a zero emissioni  e inesauribili, perché in grado di rigenerarsi a fine ciclo. Eppure presentano tre aspetti altamente limitanti. Il primo è quello della aleatorietà, cioè la discontinuità nell’offerta, perché le risorse sono legate a fenomeni naturali non controllabili come il sole e il vento. Un’intermittenza, che comporta nel caso di eventuali carenze un ricorso in extremis al gas naturale vanificando, di conseguenza, i benefici relativi al contenimento delle emissioni climalteranti; nel caso di picchi, invece, richiede la necessità di immagazzinare l’eventuale surplus di energia attraverso un’adeguata capacità di accumulo e stoccaggio, ad oggi inesistente su larga scala. Terzo problema è la densità energetica, che nel caso delle rinnovabili è molto bassa determinando un consumo massiccio di suolo con conseguenti risvolti sul paesaggio e in termini di impatto ambientale.

È proprio per bilanciare questi aspetti che nel mix energico è necessario annoverare anche fonti alternative come il “nuovo nucleare”. In tal senso gli Small modular reactors, ovvero gli impianti fino a 300 MWe, costituiscono un valido strumento offrendo energia pulita in modo sostenibile ed economicamente conveniente.

È proprio grazie alla loro flessibilità che gli Smr, abbinati alle rinnovabili, aspirano ad assumere un ruolo preminente nel processo di transizione ecologica ed elettrificazione dei consumi. Del resto la scelta della Commissione europea di annoverare il nucleare nella tassonomia verde, come ricordato dal vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, collegato da Bruxelles, rinsalda la consapevolezza del suo importante contributo nella lotta al cambiamento climatico.

Altro aspetto sottolineato tanto dagli esponenti politici quanto dagli esperti industriali, è quello della sicurezza dell’approvvigionamento energetico. Le tensioni geopolitiche riaccese al confine tra l’Ucraina e la Russia suscitano una riflessione sulla necessità di svincolarsi dalle importazioni estere e garantire un’indipendenza energetica al Paese. È necessario promuovere, laddove le risorse autoctone lo permettono, la produzione domestica di energia ed in questo l’energia nucleare, favorita dall’abbondanza di uranio e dalle nuove generazioni di reattori, riveste un ruolo cruciale in attesa che le rinnovabili diventino più diffuse e le infrastrutture più sviluppate sul territorio. Per Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia alla Camera, è questa la risposta; al momento non appaiono altre soluzioni per raggiungere gli obiettivi energetici ed ambientali pertanto il tema è presente nel programma di governo.

A livello mondiale però la ricerca non si arresta e si sta lavorando per sviluppare nuovi impianti capaci di utilizzare cicli di combustibile chiusi e concetti di autoproduzione di combustibili che riducono al minimo la produzione di scorie radioattive. Per Eni la fissione di quarta generazione è molto vicina alla fusione e in linea con i processi di circolarità. La fusione nucleare costituisce uno dei pezzi del mosaico che compone la roadmap 2050 per il net zero, come affermato dall’Ad Claudio Descalzi ed è prossima a divenire una realtà con un primo impianto a Boston ed una seconda realizzazione nel Regno Unito.

L’accettazione del nucleare, emerge dal confronto tra istituzioni e aziende, è il tema centrale del dibattito attuale. Nonostante l’adozione di tecnologie sempre più evolute permettano di definire il nucleare una fonte sostenibile, stabile, economicamente competitiva e a bassissime emissioni, permane la diffidenza da parte della maggior parte dell’opinione pubblica, spesso influenzata dal proliferare di notizie non verificabili e infondate che generano confusione e timori. Tuttavia secondo il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin il tema del nucleare è un ritorno al futuro per l’Italia. Il dato politico è infatti che oggi, a seguito dell’approvazione della mozione della maggioranza in Parlamento il 9 maggio scorso, il nucleare è stato sdoganato. L’Italia ha salutato l’energia atomica nel 1987 eppure grazie al mirabile lavoro delle imprese, del sistema universitario e dei centri di ricerca è riuscito a mantenere per 40 anni conoscenze ed expertise che dobbiamo essere abili nello sfruttare e accrescere ma soprattutto valorizzare. Tra queste anche quella relativa allo smaltimento delle scorie, su cui Sogin sta svolgendo un lavoro intenso, come ha spiegato oggi anche Fiamma Spena, commissario di Sogin, che ha spiegato come dopo una consultazione pubblica durata un anno (dal 5 gennaio 2021 al 14 gennaio 2022), a metà marzo 2022 Sogin (Società Gestione Impianti Nucleari) ha trasmesso al ministero della Transizione ecologica la proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) ad ospitare il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi del passato. La mappa ha individuato 67 aree tra Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia e Basilicata, Sicilia, Sardegna. Si tratta, sostanzialmente dell’ultimo step prima di scegliere la destinazione finale del deposito.

E in questo senso sarebbe utile diffondere documenti sui risultati conseguiti dalla ricerca scientifica sul nucleare in Italia e dalla tecnologia a livello universitario, permettere l’accesso ai siti internet delle organizzazioni internazionali operanti nel settore, promuovere attività mirate di formazione, tutti strumenti utili all’informazione trasparente. L’esperienza dimostra che nei paesi in cui è stata condotta una corretta ed efficace campagna di informazione e formazione, scevra da manipolazioni ideologiche, è cresciuta la fiducia della popolazione che ha potuto valutare vantaggi e svantaggi di questa complessa materia.

Fonte thewatcherpost.it – Articolo di Giulia Borderi, immagini, riprese e montaggio a cura di Simone Zivillica. Interviste di Alessandro Caruso

Mostra di più

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio