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Distributori di benzina, col ddl ristrutturazione se ne chiuderanno 2200

Le colonnine elettriche dovranno coprire il 10% dell’attuale rete e saranno presenti in tutte le nuove aperture.

Il governo punta alla chiusura di 2200 distributori di benzina su tutto il territorio nazionale. Lo scrive nero su bianco nel decreto razionalizzazione della rete distribuzione dei carburanti, che è in fase di stesura in questi giorni. L’obiettivo è quello di riformare un mercato con troppi partecipanti, ma anche quello di controllare meglio una rete dove il 30% del prodotto immesso, come spiegato in un’audizione del procuratore di Trento di qualche anno. In compenso all’interno della bozza del decreto si chiarisce come il 10% degli impianti presenti sulla rete dovrà essere riconvertito in colonnine di ricarica per auto elettriche.

Come si chiudono i distributori di benzina

Quella della riconversione in ricariche per auto elettriche potrebbe essere una strada, che copre però soltanto poco più della metà degli impianti da riconvertire, come chiarisce la stessa bozza del decreto. Il 10% dei distributori di benzina si aggira attorno alle 1500 unità. Già in passato erano stati fatti degli interventi, che avevano previsto ad esempio che non ci fossero più distributori nei centri storici delle città. Ma questa volta potrebbero non bastare, anche perché ad esempio la stima del sindacato Fegica è quella di almeno 7mila pompe di benzina da chiudere. Nel decreto al momento non è ancora chiarito il punto che spiega come andranno chiusi.

Sarà più facile aprire una stazione di ricarica

La nuove prescrizioni per aprire un distributore di benzina prevedono che gli impianti debbano essere dotati di uno o più prodotti grative. I requisiti minimi vanno dalla presenza di specifici prodotti, quali benzine e gasoli in miscela e-fuel, fino a biocarburanti in purezza e non può mancare la presenza di colonnine elettriche per la ricarica “veloce” (con ) dispositivi di self-service pre e post payment.

Le perplessità delle associazioni di categoria

Se Fegica ritiene che la riforma sia troppo blanda Angac- Confsal va direttamente all’attacco del governo: «Essere invitati ad un confronto con le istituzioni e con le altre rappresentanze di tutti i soggetti della filiera ha generato speranze ed aspettative in chi come Noi auspica cambiamenti e rinnovamenti attraverso il dialogo ed azioni sinergiche: ma tali confronti si sono sempre sostanziati in un mero invito espositivo delle proprie posizioni che una volta illustrate non hanno mai generato dei concreti ed utili riformativi» spiegano in una nota.

Fonte economymagazine.it – Articolo di Andrea Ballone

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