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Diesel HVO, il carburante fatto con gli scarti: aumentano i distributori e diminuiscono i prezzi. Cos’è, quanto costa, dove trovarlo

Il «biocarburante» permette di ridurre le emissioni tra il 60 e il 90% e proviene da fonti rinnovabili, due elementi che lo rendono un’opzione molto interessante e pragmatica

Anche se il calo è inesorabile, rispetto ai fasti di una decina di anni fa, le vetture diesel rappresentano ancora, secondo l’ultimo report di UNRAE, il 15,5% delle nuove immatricolazioni e rimangono la scelta prediletta di chi percorre decine di migliaia di chilometri all’anno. Il dietrofront europeo sull’entrata in vigore della normativa Euro 7 ha inoltre dato nuova linfa alle Euro 6, auto che possono vantare motori di ultima generazione e con bassi livelli di emissioni.

HVO, il carburante fatto con gli scarti

La buona notizia è che si può fare ancora di meglio per quanto riguarda la riduzione delle emissioni: se abbiamo in garage una euro 6 (e siamo in molti, un terzo del parco circolante diesel) possiamo pensare credibilmente di farci ancora molti chilometri, scegliendo un biocarburante, ad esempio l’HVO, ovvero Hydrotreated vegetable oil. Si tratta di un carburante che proviene da scarti vegetali, come olio di frittura esausto ma anche scarti di grasso animale e oli generati da colture non in competizione con la filiera alimentare, diversamente dagli «e-Fuels» che invece sono sintetici. L’olio vegetale idrotrattato, questa è la traduzione letterale italiana di HVO, è un gasolio che quindi proviene da fonti rinnovabili e sono ormai molti i produttori di combustibili che offrono questa possibilità agli automobilisti quando si fermano in una stazione di rifornimento.

Si trova in centinaia di stazioni di servizio

Tamoil ed Eni sono in prima fila e, soprattutto quest’ultima ha decuplicato nel corso del 2023 il numero di stazioni di servizio (da 50 a 500) dove trovarlo, promuovendo attivamente questo carburante sia per i veicoli pesanti che per le autovetture compatibili. Tutte le Euro 6 (ed alcune Euro 5) possono in teoria funzionare con l’HVO, ma sempre meglio verificare che ci sia la sigla XTL su sportellino o su libretto, cosa che indica ufficialmente la compatibilità del propulsore, oppure chiedere conferma al produttore. A questo punto la tanto vituperata vettura a gasolio può pensare di ridurre le proprie emissioni di CO2 tra il 60 e il 90%, come dichiara Eni: valori decisamente importanti ed in grado di fare la differenza, ecco perché, dall’inizio di Ottobre, nelle stazioni aderenti, il prezzo alla pompa dell’HVO è inferiore di 10 centesimi al litro rispetto al diesel tradizionale. Una sorta di incentivo ecologico del quale sarebbe stupido non approfittare.

Una soluzione per milioni di automobilisti

Anche alcuni tra i maggiori gestori di carte carburante e flotte aziendali, come DKV Mobility, hanno colto l’importanza di questi carburanti ecologici e già oggi i clienti DKV possono acquistare il carburante diesel HVO a ridotto contenuto di CO2 in 650 stazioni di servizio in Europa (di cui circa 60 in Italia) e contribuire attivamente al raggiungimento degli obiettivi climatici. L’esatto grado di riduzione delle emissioni dipende da vari fattori, tra cui la percentuale di HVO come miscela all’interno del gasolio tradizionale (ad esempio, HVO20 o HVO30) o come carburante puro (HVO100). Sulla strada della riduzione dell’inquinamento che fa rima con pragmatismo, ovvero cercando tutte le soluzioni possibili senza fossilizzarsi sull’energia elettrica, forse vale la pena concentrarsi sui milioni di auto esistenti, dando una chance ai biocarburanti.

Fonte corriere.it – Articolo di Andrea Paoletti

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