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La versione di Crisci (Unrae): “Auto elettrica, svolta possibile con più incentivi alle flotte.

ROMA – In Italia non solo la vendita di auto elettriche non cresce, ma addirittura diminuisce. Nel 2023 le nuove immatricolazioni sono state inferiori al 2021 e il nuovo anno è iniziato con un ulteriore calo (-10,8%). Insomma tra i principali Paesi Ue siamo il fanalino di coda. Ma secondo Michele Crisci, presidente dell’Unrae, l’associazione che riunisce le case automobilistiche estere presenti in Italia, il nostro Paese, con le adeguate modifiche ai nuovi incentivi in arrivo a marzo, potrebbe essere alla vigilia di «una svolta definitiva». Che potrebbe portare l’Italia «addirittura a superare nelle vendite Germania, Francia e Regno Unito».

Presidente, ma come sarebbe possibile questo miracolo visto il nostro gap?

«Cominciamo con il dire che l’attuale situazione italiana ha delle cause oggettive strutturali e delle cause legate a luoghi comuni che una volta rappresentavano problemi reali, oggi sono solo cliché. Entrati però purtroppo anche nella narrazione della politica. La prima causa strutturale è il forte ritardo dell’Italia nell’avvio di una politica di incentivi. Mentre Germania, Francia e Regno Unito sono partiti nella prima decade del 2000, noi abbiamo iniziato solo nel periodo Covid. Questo approcciare ritardato all’elettrificazione ha determinato la seconda causa oggettiva del nostro attuale gap: un grosso ritardo nell’infrastrutturazione del Paese. E questa è indubbiamente una responsabilità politica di tutti i governi».

E in cosa consiste questa responsabilità politica?

«Nessuno ha capito che questa transizione verso i motori a bassa emissione era un’opportunità e non una cosa da cui difendersi. Poi ci sono i luoghi comuni, che permangono tutt’oggi nonostante ci sia stata una netta inversione di tendenza. Per esempio quello del prezzo troppo alto delle auto elettriche, o dell’impossibilità di infrastrutturare le autostrade italiane a causa della nostra morfologia territoriale, stretta e lunga. Intanto abbiamo accumulato ritardi su ritardi e questo ha ulteriormente frenato la crescita del mercato delle auto elettriche. Non sembra però che le politiche di incentivazione di questi anni abbiano invertito la rotta. Questo perché non si sono seguiti i suggerimenti di chi le auto le vende».

E quali sarebbero?

«L’errore maggiore è stato escludere dagli incentivi le flotte aziendali che invece avrebbero potuto da subito aumentare la velocità di acquisizione dei veicoli elettrici. Poi gli incentivi sono stati aperti anche alle flotte, ma con valori più bassi e quindi non adeguati. L’altro grave errore è stato mettere il price cap. Fissando una soglia al prezzo di acquisto dell’auto elettrica si pensava di favorire l’acquisto delle persone meno abbienti e simultaneamente, con la rottamazione di un’auto vecchia, rendere il parco circolante più pulito. Invece, la soglia di prezzo ha escluso chi veramente voleva acquistare una nuova vettura elettrica e non ha stimolato la domanda dei redditi bassi. Chi ha una Euro 2 o 3 da rottamare è più interessato all’acquisto di una Euro 6, una mild hybrid o una full hybrid. Cioè qualcosa di più vicino all’auto che stanno guidando. Non a caso gli acquirenti di auto elettriche sono o possessori di Euro 6 o di altre auto elettriche».

Le cose potrebbero cambiare con i nuovi incentivi che entreranno in vigore a marzo?

«Dipende. Se non si elimina il price cap o perlomeno non lo si innalzi da 35 mila a 45 mila euro, come quello delle ibride plug-in, si rischia di fare un buco nell’acqua. Anche perché mantenendo l’attuale soglia di prezzo si rischia di annullare il vantaggio di avere incluso nei nuovi incentivi all’elettrico anche le flotte. Le aziende, infatti, non acquistano auto di segmento A o B, ma di segmenti più alti, C, D o E. Diciamo che si sta facendo un po’ di confusione tra pulizia del parco circolante, accoglimento delle nuove tecnologie a basse emissioni e il voler dare una mano a chi ha minori disponibilità. Ma per favorire i meno abbienti sarebbe sufficiente aiutarli ad acquistare una vettura Euro 6, anche usata. La pulizia e lo svecchiamento del parco circolante non si ottiene solo vendendo auto elettriche. Anche il leasing sociale è una buona cosa. Ma non dovrebbe riguardare necessariamente solo le auto elettriche. Si potrebbe usare anche per facilitare l’accesso a piccole vetture mild hybrid o endotermiche. Diverso invece è l’obiettivo dello sviluppo dell’elettrificazione, che può avere un impatto immediato solo tramite la sostituzione delle auto aziendali. Perché sono quelle che stanno in strada tutti i giorni e sono il 60-70% di quelle che circolano in autostrada. È importante che i governi lo capiscano e accompagnino questa transizione in modo strutturale, programmato negli anni, dando una visione chiara agli imprenditori e ai consumatori».

Cosa proponete ancora?

«Una revisione del trattamento fiscale dell’auto aziendale, con una detrazione dell’Iva al 100% sulle auto elettriche e all’80% sulle ibride plug-in e l’utilizzo nei nuovi stanziamenti per l’auto elettrica dei fondi rimasti inutilizzati nel 2023. Speriamo di andare in questa direzione dal 2025 in avanti o anche dal 2024 se riuscissimo ad ottenere subito queste modifiche. Allora sì che in Italia potrebbe esserci la svolta».

Fonte repubblica.it – Articolo di Graziella Marino – Foto da repubblica.it

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