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Colonnine in autostrada, siamo all’anno zero?

Per le colonnine in autostrada siamo davvero all’anno zero? Possiamo sperare che l’Italia smetta di essere un’anomalia in Europa? Molto dipenderà dall’esito del braccio di ferro tra governo e i Benetton sul rinnovo delle concessioni ad Autostrade per l’Italia (Aspi). L’epilogo dovrebbe essere questione di giorni, se non di ore. Oggi, 30 settembre, scade infatti il termine che lo stesso governo ha dato ai Benetton per ottenere risposte sul riassetto di Aspi e sull’eventuale cessione del controllo a CdP. Una cosa è certa: se le concessioni saranno rinnovate, la società dei Benetton che gestisce gran parte delle autostrade italiane non potrà più sottrarsi agli impegni presi per dotare la sua rete di infrastrutture di ricarica per auto elettriche. E gli altri gestori dovranno fare altrettanto. I piani ci sono, gli obblighi di legge anche, disciplinati poche settimane fa dal Decreto Semplificazioni. 
Enel X debutta con due stazioni in Autosole
Intanto arrivano i primi segnali concreti.  Enel X installerà le prime due colonnine ultrafast in Autosole. Una nel modenese a Secchia Ovest (A1 direzione Sud, km 156,5, a un passo da Modena Nord) e l’altra nel tratto laziale, a Flaminia Est (A1 direzione Nord, km 509,1, Magliano Sabina). Per entrambe la potenza è di 350 kW. Si aggiungono a quella di Frascati Ovest nel tratto Roma Sud-San Cesareo attiva dal 2018 e finora rimasta un unicum sulla principale arteria autostradale italiana gestita da Aspi. In base al piano “Green Station” presentato nel gennaio scorso e fin qui rimasto nei cassetti, Aspi ne dovrebbe piazzare in tutto 67, in altrettante aree di servizio, entro il 2023. Sarebbe coperto così il 31% delle aree di servizio, con colonnine in autostrada ogni  90 Km.
Ogni impianto avrà da 4 a 6 punti di ricarica. Ma con il Decreto Semplificazioni convertito in legge all’inizio di settembre le colonnine in autostrada non saranno più un optional per i gestori, ma un preciso vincolo nel rilascio delle concessioni o nel rinnovo di quelle in vigore.
Si muovono anche Gavio, Toto e Anas
E si muovono anche altri gestori. Come l’Autostrada dei Parchi (Gruppo Toto), che ha in esercizio la A24 Roma-Pescara. Ha affidato a Renexia l’installazione di 5 colonnine fino a 400 kW di potenza a Tiburtina Sud e 3 colonnine fino a 50 kW a Colle Tasso Nord e Sud.
Eni, con l’operatore tedesco IONITY, ha iniziato a installare impianti di ricarica nelle aree di servizio del gruppo. Due impianti saranno in Toscana (Versilia Est e Ovest, sulla A12), uno in Liguria (Ceriale Sud, sulla A10 vicino ad Alassio in direzione Genova), uno sul Grande Raccordo Anulare di Roma. Altri seguiranno in partnership con un altro operatore che il Cane a sei zampe sta selezionando in questi giorni. Intanto ha fatto le prove generali presso l’Eni Station di Binasco, nel milanese, a un tiro di schioppo dal casello della Milano-Genova, dove pochi giorni fa ha inaugurato un impianto di ricarica Ionity da 350 kW.
Anche Anas, secondo operatore con oltre 1.200 km di autostrade gestite, annunciò nel gennaio 2019 che avrebbe dotato di colonnine di ricarica 41 delle sue stazioni di servizio. In questo caso non si tratta di un investimento diretto. Saranno le società concessionarie delle aree di servizio a dotarsi degli impianti, nel quadro degli accordi per il rinnovo delle concessioni. Il piano prevede, nel triennio 2020-2022, l’installazione di stazioni di ricarica con tecnologia fast o ultrafast. Al momento sulla sua rete sono attive 3 stazioni di ricarica lungo le tratte autostradali dell’A90 GRA, A01 Catania-Siracusa ed A2 del Mediterraneo. Ulteriori implementazioni sono previste nel corso del 2020, fa sapere l’azienda; ma al momento non sembra essersi concretizzato nulla.
Le colonnine in autostrada, ora sono d’obbligo
Tornando al Decreto Semplificazioni, non si può non notare una allarmante “dimenticanza”. Vero è che il testo impone che tutte le concessioni rilasciate da oggi in poi (e quelle rinnovate) prevedano obbligatoriamente la dotazione di colonnine di ricarica in tutte le stazioni di servizio. Tuttavia non si fa cenno agli standard minimi di questi impianti. In altre parole il gestore potrebbe cavarsela anche con un solo punto di ricarica, magari in corrente alternata da 22 kW, affidato all’operatore di una rete locale non interoperabile con i grandi network internazionali. Quindi costi irrisori per installazione e collegamento, ma contributo minimo o nullo alla promozione della mobilità elettrica.
Anche nelle prescrizioni sulla rete di ricarica nel suo complesso, urbana e sulla viabilità ordinaria, il Decreto si limita ad indicazioni generiche. I Comuni dovranno disciplinare infatti l’installazione dei punti di ricarica pubblici in ragione di “almeno uno ogni mille abitanti”; passerebbero quindi dagli attuali 13.721 in 7.203 stazioni (dati di marzo 2020) a 60 mila. Le procedure di autorizzazione sono snellite. Viene ridotto o azzerato il canone per l’occupazione di suolo pubblico. Le tariffe saranno rimodulate in modo che i costi dell’energia elettrica nei punti di ricarica pubblici siano uguali a quelli della ricarica domestica. Tuttavia anche qui non si fa cenno alle caratteristiche tecniche degli impianti, cioè al mix di potenze, all’interoperabilità, all’infrastrutturazione nei piccoli comuni non turistici e nelle aree a fallimento di mercato.

Fonte: Massimo Degli Esposti – Vaielettrico.it

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