La transizione energetica da fonti fossili a rinnovabili renderà sempre più necessario l’uso dei cosiddetti vettori energetici. E l’idrogeno (H il suo simbolo in chimica) costituisce oggi una delle soluzioni più promettenti, coniugando flessibilità d’impiego a una crescente competitività con tecnologie concorrenti. Non è una fonte di energia – come i combustibili fossili o le rinnovabili, il Sole, il vento –, è un vettore di energia – come l’elettricità –, in grado di portarla dove serve. C’è un idrogeno Grigio, più inquinante, e poi quelli Blu (sempre da fonti fossili, ma decarbonizzato) e Verde (prodotto da elettrolisi), che costano di più e rappresentano ancora una quota minima del totale, meno dell’1% su scala globale.
L’idrogeno è una risorsa rinnovabile pressoché inesauribile, in quanto largamente presente in natura. Allo stato chimico elementare è un gas inodore, incolore e altamente infiammabile, ma sulla Terra non lo si può trovare allo stato libero e molecolare, ma combinato con altri elementi chimici: è presente principalmente sotto forma di acqua, combinato con un atomo di ossigeno, ma anche in tutti i composti organici e negli organismi viventi.
Ha una grandissima capacità: allo stato molecolare puro, reagendo con l’ossigeno dell’aria, formando acqua e liberando energia sotto forma di calore, diventa un ottimo ed efficiente vettore energetico. Per questo, può essere utilizzato sia come combustibile alternativo ai tradizionali motori automobilistici, sia come reagente per le moderne celle a combustibile (Fuel cell). La tecnologia che sfrutta l’idrogeno come vettore di energia è quindi in rapido sviluppo sia per applicazioni come industrie e abitazioni, sia per sistemi mobili e trasporti.
Come si produce l’idrogeno?
Dato che sulla Terra è pressoché impossibile trovare l’idrogeno allo stato puro, è quindi indispensabile produrlo e per farlo esistono due soluzioni, che prevedono entrambe la separazione degli atomi di idrogeno da altri atomi. La prima ricava l’idrogeno attraverso la separazione dei suoi atomi da quelli di carbonio presenti negli idrocarburi e nei combustibili fossili (petrolio, carbone, gas naturale): questo, pur essendo il metodo più produttivo, risulta però anche il più inquinante a livello atmosferico e ambientale. Il principale sottoprodotto di questo processo, infatti, è anidride carbonica.
Si ottiene così il cosiddetto idrogeno Grigio, che oggi rappresenta la quasi totalità della produzione. E anche l’idrogeno Blu, vale a dire quello prodotto da gas naturale – come l’idrogeno Grigio – ma con una successiva cattura e stoccaggio del carbonio, che quindi evita le emissioni di CO2.
La seconda soluzione ricava l’idrogeno dall’acqua, attraverso l’elettrolisi, utilizzando energia a sua volta ricavata da altre fonti rinnovabili – come quella solare o eolica – e dunque realizzando una filiera al 100% virtuosa. È quindi il metodo più ‘pulito’ (idrogeno Verde), ma a oggi anche il più costoso. Attualmente, poi, un altro problema importante è legato a stoccaggio e distribuzione, che richiedono impianti specifici a pressione e temperatura controllate.
La strategia dell’Unione Europea, con il suo piano Green New Deal, ipotizza che l’idrogeno possa coprire un quarto della domanda energetica europea nel 2050. Un traguardo che non si può pensare di raggiungere impiegando idrogeno Grigio (visto quanto inquina), ma occorre sviluppare e moltiplicare la produzione di quelli Blu e Verde.
Quali sono i suoi principali utilizzi e applicazioni?
L’idrogeno viene utilizzato nell’industria chimica per produrre ammoniaca e per realizzare i cosiddetti ‘grassi idrogenati’, che troviamo in diversi alimenti. Questo gas viene però impiegato già da tempo anche nel settore aerospaziale come carburante: ciò ha un’importanza particolare perché apre le porte a un nuovo utilizzo dell’idrogeno, che potrebbe rivoluzionare il settore automobilistico.
Già dagli Anni ’90 si è iniziato a pensare all’idrogeno come un possibile carburante alternativo, da impiegare anche nell’Automotive, ma produrre idrogeno ‘Green’ senza impiegare gli idrocarburi e i combustibili fossili è ancora molto costoso, occorre sviluppare metodi produttivi più convenienti.
L’idrogeno può anche essere utilizzato per alimentare i veicoli provvisti di motore con celle a combustibile (Fuel cell). Il tutto senza combustione termica e con un’efficienza tale da convincere diverse case automobilistiche, come Toyota e Hyundai, a investire nello sviluppo di questa tecnologia. In questo quadro, nel corso del 2021 Eni aprirà le sue prime due colonnine in Italia per la distribuzione di idrogeno per i veicoli. Una presso la stazione di servizio Eni di San Donato milanese, dove l’idrogeno verrà prodotto sul posto, con sistema di elettrolisi da fonti rinnovabili, per alimentare 10 Toyota Mirai attraverso una partnership con la casa automobilistica giapponese. La seconda colonnina di erogazione sarà collocata presso una stazione Eni a Venezia, e qui l’idrogeno arriverà trasportato via terra, con carro bombolaio, e alimenterà altre 10 Toyota Mirai più alcuni autobus.
Un altro campo d’applicazione dell’idrogeno è lo Storage per impianti energetici da rinnovabili, che pure è in continuo sviluppo, per esempio quando si ha un eccesso di produzione di energia elettrica come nel caso dell’idroelettrico, ma anche per bilanciare la domanda di energia con la sua produzione da impianti solari o eolici. L’utilizzo dell’idrogeno come Buffering per coprire i picchi di offerta di elettricità da rinnovabile è già una realtà in varie parti del mondo.
Come si sta sviluppando la tecnologia Fuel cell nei veicoli e mezzi di trasporto?
L’utilizzo di Fuel cell è attualmente in fase sperimentale, con applicazioni in rapida crescita. Sono già molti gli esempi di bus elettrici riforniti da impianti installati, anche qui a titolo sperimentale. Per quanto riguarda i mezzi pesanti e i camion, al momento il costruttore più avanti nelle Fuel cell sembra essere Nikola Motor, che sembra metterà in produzione il camion elettrico ‘Tre’ a partire dal 2021, grazie alla collaborazione stretta nel 2019 con CNH Industrial. Alla variante alimentata a batteria se ne aggiungerà una seconda per lunghe percorrenze con serbatoi ad alta pressione in fibra di carbonio, autonomia fino a 800 chilometri e tempi di rifornimento di circa 15 minuti. In California, tra Los Angeles e Long Beach, hanno già preso servizio autoarticolati Fuel cell realizzati in collaborazione tra Toyota e Kenworth. Il progetto comprende anche alcune stazioni di rifornimento che distribuiscono idrogeno ricavato da fonti rinnovabili.
Una delle prime applicazioni su veicoli di dimensioni medie e compatte arriva da Renault, che a fine 2019 ha iniziato a introdurre varianti Fuel cell dei modelli elettrici Kangoo Z.E. e Master Z.E. In quel caso, la batteria a combustibile fornisce energia capace di aumentare fino a 3 volte l’autonomia del veicolo rispetto a quelli 100% elettrici, con tempi di rifornimento di 5-10 minuti.
Nel 2018 il primo treno mosso da Fuel cell è entrato in servizio in Germania. Può percorrere fino a mille chilometri senza avere bisogno di rifornimento, un’autonomia simile a quella di un treno diesel. Il Länder della Bassa Sassonia ha in progetto 14 treni all’idrogeno entro il 2021, mentre la Gran Bretagna sta progettandone altrettanti per il 2022.
Le tecnologie digitali che ruolo potranno avere in questo quadro?
I progetti e le sperimentazioni in corso sembrano dimostrare da un lato la flessibilità e dall’altro la sostenibilità economica ed energetica dell’idrogeno come potenziale vettore energetico per il futuro prossimo. Un ruolo importante nella gestione di tutte queste complessità, e dei loro sviluppi, lo potranno avere proprio le tecnologie digitali. Quando la rete distributiva dell’idrogeno per veicoli sarà più ampia in alcuni siti verrà prodotto sul posto, in altri verrà rifornito via terra, quindi le reti digitali avranno un ruolo centrale nel gestire, coordinare, supervisionare tutta la produzione, la distribuzione e la consegna di idrogeno per la mobilità sostenibile.
A livello di politiche e iniziative nazionali, l’Italia, attraverso il ministero dello Sviluppo Economico (Mise), ha stanziato un miliardo di euro per lo sviluppo e la promozione dell’idrogeno. Tra le prime proposte del Mise c’è la creazione di una piattaforma coordinata di ricerca e sperimentazione prototipale sulle tecnologie di produzione e stoccaggio dell’idrogeno. La piattaforma dovrà essere sviluppata da Enea, in collaborazione con Università, enti di ricerca e imprese che stanno già sviluppando progetti sperimentali a idrogeno: essenziale sarà anche lo scambio e l’analisi dei dati prodotti, attraverso sistemi e applicazioni di Analytics e Big data, per tracciare tutte le attività svolte e trarre quella conoscenza che sta alla base degli sviluppi futuri.
Fonte techeconmy2030.it – Articolo di Stefano Casini