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Truffa sui carburanti, i prestanomi erano parrucchieri e panettieri.

Prestanomi occasionali, scelti appositamente per essere intestatari di società cartiere che servivano per frodare l’Iva e le accise sui carburanti. E’ uno dei tanti aspetti che emerge dall’inchiesta del sostituto procuratore a Nocera Inferiore, Roberto Lenza, concentrata su una maxi truffa allo Stato di quasi 128 milioni di euro nel settore dei carburanti. Prestanomi e teste di legno individuate, grazie al lavoro della Guardia di Finanza, per intestarsi la gestione di imprese con tanto di guadagno settimanale. Due le associazioni a delinquere individuate, che avevano necessità di mettere a capo delle società legate al “sistema truffa” per riuscire a non pagare le imposte. Prestanomi e teste di legno firmavano documenti, producevano documentazione e fatture per operazioni inesistenti che servivano per inserire dei costi non veritieri nelle dichiarazioni dei redditi delle aziende beneficiarie e quindi, non pagare le tasse allo Stato. A essere scelti, stando alle indagini, erano persone che versavano in situazioni di difficoltà economiche difficili, precarie, le quali erano inconsapevoli di tutto ciò che accadeva intorno a loro. Qualcuno aveva indicato casa propria come sede per ricevere i documenti di un’azienda. Tra questi, sono stati individuati una parrucchiera e un panettiere, nelle zone del napoletano. Entrambi chiamati a firmare documenti e a ricevere poi un pagamento dopo le prime e una somma a settimana. Persone che indirizzavano bonifici e pagamenti, senza conoscere altro o a fornire disposizioni particolari.

L’inchiesta conta 59 indagati, con un lavoro d’indagine iniziato tra il 2017 e il 2018. Quattro le misure cautelari, agli arresti domiciliari, per altrettante persone le cui posizioni sono state ritenute apicali rispetto ad altre. Le società riconducibili agli indagati sono 32. In soli due anni, gli indagati avrebbero importato illegalmente da fornitori ungheresi, croati e sloveni 20 milioni di olio anticorrosivo e preparazione lubrificanti. Un prodotto non soggetto ad accise e al monitoraggio del trasporto. La merce veniva “adulterata” e resa idonea per la carburazione, poi caricata su autocisterne per l’Italia, scortate da documentazione fiscale falsa, che gli autisti distruggevano una volta varcata la frontiera e sostituendola con quella di accompagnamento per coprire il restante tragitto nel territorio nazionale (attestando il trasporto di gasolio per autotrazione ad imposta assoluta). 

Fonte ilmattino.it – Articolo di Nicola Sorrentino

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