L’Unione Europea si prepara a mettere l’embargo anche sul petrolio russo. La conferma è arrivata dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che al quotidiano tedesco Bild am Sonntag ha parlato di sanzioni che dovrebbero riguardare anche le «questioni energetiche». L’Ue sta lavorando su «meccanismi intelligenti» in modo che il petrolio possa essere incluso anche nelle prossime misure. «La priorità assoluta – ha concluso – è ridurre le entrate di Putin». Le indiscrezioni riguardo a un imminente allargamento delle sanzioni contro Mosca erano uscite nei giorni scorsi. Secondo il New York Times, che ha citato fonti di Bruxelles, l’Ue si starebbe muovendo verso un divieto graduale progettato per dare ai Paesi membri il tempo di organizzare fornitori alternativi. L’approccio sarebbe lo stesso adottato per l’embargo al carbone, approvato la settimana scorsa, che prevede un periodo di transizione di quattro mesi.
Russia, le esportazioni di gas e petrolio
Il 7 aprile l’Europarlamento aveva votato a favore, anche per il gas da cui però alcuni Paesi dipendono molto come l’Italia (29 miliardi di metri cubi, ovvero il 40% del gas totale) e la Germania (43 miliardi di metri cubi equivalenti al 51% del suo import) e attualmente non avrebbero modo di sostituire l’import dalla Russia, che è il primo esportatore di gas naturale a livello mondiale. Il petrolio e il gas russo, effettivamente, continuano ad affluire con regolarità verso l’Europa. Gazprom – ha dichiarato il gruppo russo – ha continuato a fornire gas naturale all’Europa attraverso l’Ucraina in linea con le richieste dei consumatori europei. Oggi, 17 aprile, le richieste sono state di 57 milioni di metri cubi.
Petrolio russo, quanto ne utilizza l’Europa
Per quanto riguarda il petrolio russo, la maggior parte della produzione di petrolio e condensati (il 48%) va ai Paesi europei, soprattutto alla Germania, ai Paesi Bassi e alla Polonia e circa il 53% del greggio e dei prodotti petroliferi finiti esportati dalla Russia sono destinati all’Europa, rappresentando oltre il 25% del suo import di petrolio (fonte Unem). Anche l’Italia importa petrolio russo: il nostro Paese copre il proprio fabbisogno importando dalla Russia il 10% di petrolio greggio e il 7% dai prodotti finiti. Il primo fornitore è da anni l’Azerbaigian (il 22,3%), seguito dalla Libia (18,5%), dall’Iraq (14,7%) e poi Arabia Saudita.
Che cosa significherebbe per l’Italia fare a meno del petrolio russo?
La raffineria italiana più grande è della russa Lukoil
Il primo problema riguarderebbe la raffinazione. La raffineria più grande in Italia è la Isab (Industria Siciliana Asfalti e Bitumi) di Priolo di proprietà del gruppo russo Lukoil, da cui escono benzina e diesel che servono per la maggior parte dei consumi di carburanti in Sicilia, ma parte anche nel resto d’Italia. I due impianti Iab rappresentano quasi un quarto (circa il 22%) della capacità di raffinazione complessiva del nostro Paese, secondo i dati dell’organismo dell’industria petrolifera Unem di cui Lukoil è socia, e la produzione di carburanti e prodotti petroliferi vale circa un settimo del totale in Italia. Il 15 aprile una barca di Greenpeace Italia con scritto «Peace not oil» (pace non petrolio) ha protestato contro l’attracco della nave petroliera «SCF Baltica» salpata il primo aprile da Primorsk, in Russia, con 110 mila tonnellate di greggio a bordo e diretta ai Santa Panagia, vicino Siracusa.
Embargo, le conseguenze sul prezzo dei carburanti
Fortunatamente – spiegano dall’Unem (la ex Unione Petrolifera) – il nostro Paese ha un sistema di raffinazione flessibile che consente di lavorare diverse tipologie di greggio provenienti da varie aree del mondo. «Il greggio russo – riporta una nota – può essere rimpiazzato con altre qualità e provenienze, ma a prezzi più alti». Il riferimento del Brent, aumentato di oltre il 60% dalla prima settimana di gennaio, mentre le quotazioni internazionali del gasolio sono balzate di oltre il 110% dalla prima settimana di gennaio. La conseguenza dell’embargo sul petrolio russo non sarebbe, quindi, la scarsità di carburanti ma l’aumento dei prezzi.
Fonte corriere.it – Articolo di Fausta Chiesa