Riattivazione di alcune centrali a carbone; massimizzazione delle importazioni di gas da Paesi diversi dalla Russia (Congo, Angola, Mozambico, Algeria, Qatar); misure urgenti per il riempimento degli stoccaggi; semplificazioni per l’installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili; aumento della produzione nazionale e della capacità di rigassificazione; provvedimenti per contenere i consumi. Sono queste le contromisure del governo per fronteggiare la crisi energetica, compresa l’eventualità di un blocco delle forniture di gas russo all’Italia. Blocco come quello subito ieri da Polonia e Bulgaria, che si sono rifiutate di pagare il gas in rubli, secondo quanto stabilito da Vladimir Putin. E che ha avuto immediate ripercussioni sui mercati. Il prezzo del gas europeo ha segnato ieri un aumento del 4%, a 107,4 euro per megawattora, al termine di una giornata parita con un balzo del 24%. L’euro è sceso a 1,05 dollari, il minimo dal 2017.
Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha ribadito che «la richiesta russa di pagare il gas in rubli è una violazione del contratto. I nostri contratti prevedono il pagamento in euro e noi vogliamo pagare in euro». Ma ha anche aggiunto: «Prenderemo una decisione a livello europeo». E proprio da Bruxelles, dove ieri si sono riuniti i 27 ambasciatori presso l’Ue, è filtrata la notizia che diversi Paesi avrebbero chiesto alla commissione europea di chiarire bene cosa sarebbe in contrasto e cosa no, rispetto alle sanzioni verso Mosca, nel meccanismo di pagamento in rubli col doppio conto corrente (uno in euro e l’altro in rubli) escogitato da Gazprom proprio per bypassare i divieti decisi dalla Ue e ribaditi ieri dalla presidente Ursula von der Leyen: «Pagare in rubli se non è previsto nel contratto è una violazione delle nostre sanzioni».
Fonte corriere.it – Articolo di Enrico Marro